recensioni dischi
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DEACON BLUE  "The great western road"
   (2025 )

Chiamateli dinosauri, fossili, reperti vintage. Padronissimi. Ma hanno ancora un senso e danno una grande lezione di stile, eleganza, leggerezza, sobrietà ed equilibrio, e gioia di vivere. E non è poco.

Sono tornati, in primavera, con "The Great Western Road", titolo dedicato a una celebre via di Glasgow, il loro undicesimo disco in studio. Sono gli scozzesi Deacon Blue, il cui nome deriva da una canzone dei miei amati Steely Dan.

Un tuffo nel passato, una capsula del tempo che fa tornare agli spensierati anni Ottanta dei videiclip imperanti e delle canzoni fatte bene, che oggi sembrano dei classici e allora si consumavano senza vergogna, forse già con una subliminale sensazione che quello era un tempo ultimo, irripetibile, che andava vissuto e consumato, e peggio per chi non lo ha fatto e se lo è bruciato vedendoselo scappare tra le dita.

Questo è un disco dichiaratamente nostalgico, oltre che un omaggio doveroso al tastierista James Prime, di cui conserva l'ultima registrazione prima della morte per cancro avvenuta lo scorso giugno.

Ci troviamo Ricky Ross e la consorte Lorraine Mcintosh tuttora in auge e una band in forma nonostante gli anni e l'acqua passata sotto i ponti della musica, ma loro se ne fregano altamente delle critiche (anche in Italia qualcuno a torto ha considerato questo disco scialbo e ordinario, si accomodi e provi a essere coerente per 40 anni di carriera come i Deacon o si accontenti della fuffa italica) e sono anche tornati in tour.

Di fronte al nulla pneumatico attuale, meglio l'usato sicuro, lo ribadisco. Niente di più da chiedere a una band simile di rimanere sempre la stessa, e rifulgere della propria gloria, proponendo un ascolto rilassante e meditativo, e profondendo energia quando serve. Voto 8. (Lorenzo Morandotti)