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THE GROW  "The knight of fools"
   (2025 )

Avete presente quell'errore dei giovanissimi chitarristi, quando esagerano con la distorsione di chitarra, saturando il suono a tal punto da spezzarlo, tanto che in fase di registrazione fanno clippare il segnale?

In questo caso, questo over-over-overdrive non è un errore bensì una scelta, l'elemento compositivo di base da cui Denis Vignoli parte per sviluppare la propria musica.

Giunto da un esordio solista, con le sole sei corde, il suo progetto che prende il nome di The Grow arriva al secondo album in duo, con il batterista Cesare Cognini.

Uscito per TIB. Prod Records, “The Knight Of Fools” è un lotto di sette brani incessantemente pesanti. Sebbene l'aspetto rumoroso sia l'elemento prevalente, non spariscono mai le note generate: nei riff, Vignoli procede spesso per semitoni e cambiamenti minimali. Questo contribuisce a rendere la musica monolitica, solida, quasi tattile, tangibile.

Sono tutti brani strumentali. Le uniche parole a cui aggrapparsi sono i titoli, di per sé significativi: “All's in Vain”; “End Of A Black Path”; “What's This Cross Here For”; “Well Of Blood”; “There's Something Burning”; “I No Longer Feel Anything”; “Nothing”.

Nel terzo brano, che si pone una domanda esistenziale sulla Croce, il suono a metà brano sembra proprio corrompersi, viene volontariamente portato a rovinarsi. Succederà ancora, in maniera più forte in “There's Something Burning”, dove si “brucia” anche la batteria.

Il ritornello di “Well Of Blood” è invece un alternarsi di due accordi distanti un tritono, il classico diabolus in musica che tanto piace agli ascoltatori più dark.

Il titolo del primo brano, tradotto in italiano, dice che “Tutto è vano”. Ricorda per certi versi il monito di Branduardi, “Tutto è vanità”, e se l'accostamento vi sembra fuori luogo, vi ricordo che quando è scomparso Ozzy Osbourne, uno tra i primi artisti italiani a scrivere un post in sua memoria è stato proprio il violinista di Cuggiono. Forse non avete mai capito Angelo Branduardi...

Del resto, visto che sto scrivendo a cavallo tra Halloween, Ognissanti e il giorno dei Morti, quale occasione migliore per farsi domande impegnative accompagnate da una musica disturbante? Questo sound così marcatamente lo-fi, che nella galassia metal forse si riscontra soprattutto nel sottogenere sludge, è forse il più adatto per affrontare senza filtri il lato buio dell'esistenza, il dolore, il disagio.

“Non provo più niente” recita il sesto titolo, e “Niente” il settimo di chiusura. In quest'ultimo, il suono della chitarra si fa ancora più sperimentale, indugiando sulla saturazione di partenza per ottenere sinistri feedback e altre soluzioni scomode.

“The Knight Of Fools” mi sembra un'espressione di sincerità, oltre che una terapia per il musicista. Affronta l'abisso del vuoto di senso, e non cerca di costruirne sopra uno fittizio: lo può fare, ma per ora preferisce contemplare il nulla, e farlo risuonare.

Un buon punto di partenza: la pars destruens è la fase iniziale essenziale di qualunque discorso filosofico onesto. Nonché la necessità di un regno dei folli da smantellare. (Gilberto Ongaro)