THE GOOD ONES "Rwanda sings with strings"
(0 )
E’ un folk esile e dimesso, scarno ed essenziale, eppure così penetrante e carico di feeling, quello che fa da cornice alle dieci tracce intime e raccolte di “Rwanda Sings With Strings”, quinto album del duo ruandese The Good Ones, pubblicato per Glitterbeat a tre anni dal precedente, a quindici dall’esordio.
Per l’occasione, Adrien Kazigira (voce e chitarra) e Janvier Havugimana (percussioni e seconda voce), la cui storia personale di amicizia, attraverso i decenni ed oltre il genocidio del 1994, varrebbe già da sola il prezzo del biglietto, sono affiancati, su idea ed iniziativa del produttore Ian Brennan, da una ridotta sezione di archi, formata da Gordon Withers (violoncello) e Matvei Sigalov (violino): ironia della sorte (e atout dell’album), Withers e Sigalov non si conoscevano tra loro prima di entrare in sala di registrazione, né tantomeno conoscevano Adrien e Janvier.
Risultato: le sessions sono praticamente improvvisate, coi pezzi registrati alla prima take durante un unico pomeriggio, con Janvier che percuote come d’abitudine qualsiasi oggetto di cui disponga, e coi due archi che entrano sull’esecuzione dei brani seguendone il fluire, ricamando sul momento ed arricchendo di sfumature preziose questa musica impalpabile e delicata, poesia accogliente e confidenziale da un mondo così vicino e così lontano, così assorto e così altro.
Aedo memore dei primitivi bluesman degli albori, l’ensemble dispensa la sua magia per il tramite di canzoni che flirtano, in modo del tutto spontaneo e naturale, con spiritual e gospel, sorrette da voci rigonfie di pathos, che si rincorrono e si intrecciano sinuose, caracollanti e quasi tremanti a tratti, disegnando storie d’amore, racconti di viaggio, bozzetti rurali, emozioni semplici.
E’ una musica ancestrale, che tramanda tradizione comunicando in un linguaggio legato al territorio ed alla cultura che lo contraddistingue ed alla quale è legata a filo doppio in una inscindibile, proficua unione; sospinto e caratterizzato da una pungente, vibrante verve sottotraccia e da una infinita dolcezza, dipana la sua matassa tra armonie calde e suggestivi call-and-response, da cui promanano un fascino speranzoso ed un generale senso di pace, di rilassatezza, di conforto. Quelle stesse sensazioni sublimate ed esaltate nel singalong ciclico di “Kirisitiyana Runs Around”, nel passo incalzante di “The Valley of the Turkeys (The Things I’ve Seen)”, nella chiusura carezzevole di “The Older Girls Lead The Little Ones Astray”, piccola riposta meraviglia in punta di chitarra che riporta tutto a casa, suggellando in un ideale abbraccio, grande quanto il mondo intero, un lavoro di toccante intensità, foriero di una composta, sfaccettata, suadente bellezza. (Manuel Maverna)