ALEX FERNET "Modern night"
(2025 )
Gira con voce insistente che, per forza di cose, prima o poi tutti ricorreranno (chi più, chi meno) all’Intelligenza Artificiale.
Dal profondo del cuore, spero vivamente che questo scenario previsto non si attui totalmente, ed è per questo che nutro stima incondizionata per artisti come Alex Fernet.
Lui, con il secondo album “Modern Night”, fa capire apertamente che il caleidoscopio delle proprie idee viene messo in campo senza aiutini tecnologici ma solo col frutto di una progettazione altamente personale ed interessante.
Alex mette in risalto mescolanze stilistiche di soul, funk e new-wave in modalità semi-visionaria, con aloni oscuri che ci stanno da Dio e senza la presunzione che ri-formuli il tutto in chiave originale, ma in forma ri-modellata “ad hoc”, questo sì!
Sarà bene approcciarsi all’ascolto con volontà e bramosa curiosità, poiché le sorprese ripagheranno in pieno il tempo impiegato.
L’aperitivo lo scoliamo con il gustoso pop-funk “Rollover” e lo spigliato tessuto catchy di “Hey Lady”, pronto poi a modificarne leggermente l’orlatura con “The nightdrive”, peraltro senza strappi traumatici.
Mentre Alex accende l’aureola degli Style Council sopra la testa di “Comfort zone” e “Be my memory”, ecco che poi vira prontamente sulla spensierata “Love you anyway”, che arricchisce il suo fantasioso scenario, teso a disegnare una narrazione comunque noir, vagamente stralunata ma lucida nella sua essenza di attingere sì a sonorità del passato ma anche di rinvigorirle con un bel modernariato.
E se “Speeding Fine” sembra suggerita dai Big Audio Dynamite di Mr. Clash Mike Jones, la vibrante “Ruins and Wrecks” irradia una bella luce oscura che lascia attoniti. Per sbaraccare, il nostro piazza il funk-wave di “Sunligh Vampires”, rivendicando il suo palese intento di non voler riscaldare mai la stessa minestra, come si addice ai migliori artisti.
Perciò, buon appetito! E ci scappa pure l’amaro: giustappunto un… Fernet. (Max Casali)