LUKAS LAUERMANN "Varve"
(2025 )
Sono sconvolto, stavolta mi dovrò sforzare di non essere iperbolico.
Forse anche in questo secolo, la musica potrebbe essere salvata da un compositore austriaco? Ecco, ho già esagerato, ma stavolta stiamo volando davvero altissimo. Forse, anticipo per mettere le mani avanti, quella riflessione sul “ritorno all'ordine” è una mia proiezione, ma la scelta fatta la trovo in ogni caso molto significativa.
Lukas Lauermann è un compositore classe '85, che ha già scritto una montagna di musica. Il disco che mi sta sorprendendo ora, “Varve” uscito per l'etichetta Col Legno, come potrei definirlo in due parole, senza banalizzarlo? Faccio prima a dirvi gli elementi che formano le musiche.
Lauermann è violoncellista, ma il suo violoncello compare in mezzo a: 1) lunghissimi accordi statici di organo; 2) rumori di nastri magnetici e musicassette come nella musica concreta; 3) dei particolari cori, costituiti da note anch'esse lunghe e dilatate, su cui torneremo.
Come ve la riassumo, “ambient”? Sarebbe una semplificazione che vi porta fuori strada, nonostante ci sia un fortissimo carattere rilassante e meditativo, di sospensione temporale.
La cosa più sorprendente, tra queste note lunghissime e questo minimalismo figlio di Philipp Glass e Arvo Pärt, è sapere la provenienza di quelle note cantate. Sono campionamenti di “Erratum Musical” di... Marcel Duchamp!
Sì, proprio quel Duchamp, l'artista che ha esposto un orinatoio al museo chiamandolo “Fontana”, colui che ha attaccato una ruota di bicicletta a uno sgabello e ha compiuto tante altre gesta provocatorie nelle arti visive. Ignoravo che si fosse cimentato anche con la musica. Sì, ma a modo suo: ha scritto delle note su dei foglietti, inserito i foglietti in un cappello, mescolati ed estratti a sorte, disposti nella sequenza CASUALE che ne è uscita e fatti cantare così.
Allora. Le avanguardie sono state straordinarie e avevano molto senso nel Novecento, con l'industrializzazione e la standardizzazione a venire: si sentiva l'esigenza di rottura e di continua provocazione, contro la rigidità del potere e delle istituzioni accademiche.
Io sono fan del surrealismo, ad esempio. Ma oggi siamo in un tempo dove è il potere che lascia alle persone l'illusoria libertà di fare tutto ciò che passa per la testa, purché si resti consumatori: consumatori di oggetti, di sentimenti, di cause umanitarie di moda, abbandonate quando non fanno più engagement.
Il caos ora è imposto dall'alto, non è più rivoluzionario. E allora, il buon Lauermann ha campionato quelle voci disordinate... e LE HA MESSE IN ORDINE!!! Le ha sovraincise in modo da creare armonizzazioni senza dissonanze, senza bizzarrie. In certi momenti mi è tornata in mente la straordinaria colonna sonora del film “La grande bellezza” (dove, fra gli altri, compare anche Pärt, guarda un po'...).
Laddove Duchamp cercava la distruzione del senso, con spirito nichilista necessario durante la Grande Guerra, Lauermann percepisce che, in quest'epoca di pazzi dove ci mancavano gli idioti dell'orrore, è arrivato il momento di un “ritorno all'ordine”. Una forma musicale conciliante, anche se con orecchio contemporaneo e l'influenza del minimalismo.
Ultima cosa da sottolineare: il senso del titolo e della presenza dei rumori di nastro. “Varve”, come ci spiega il compositore austriaco, è un termine svedese che indica le stratificazioni dell'argilla, quindi le sedimentazioni del tempo nella materia. E sono circolari, come i cerchi negli alberi. Per quanto riguarda i nastri delle musicassette, continua Lukas, se ne guardiamo uno al microscopio, troviamo forme simili.
E allora Lauermann ha voluto inserire, accanto a questi cori riordinati, anche questi rumori tecnologici, che rimandano alla circolarità della natura, ai pattern che troviamo uguali dagli atomi alle galassie. Quindi, anche un'altra avanguardia novecentesca, quella della concrète musique, si inserisce in questo contesto in maniera costruttiva e contemplativa.
Le idee di Lauermann restituiscono alla musica la sua aura di sacralità, pur restando moderna e laica. Se volete una musica che vi guarisca le ferite da auto-tune forzato e dallo squallore dell'esistenza, “Varve” è un ascolto obbligatorio. Davvero notevole, per me indimenticabile. Lo so, sono stato iperbolico di nuovo, ma credo che stavolta ci sia davvero l'oro. (Gilberto Ongaro)