recensioni dischi
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SAMANTHA FOX  "Samantha Fox"
   (1987 )

Il mondo pendeva dalle sue labbra. Anzi, da qualcosa più in basso. Distrutte le classifiche con il primo album, e diventata inestimabile icona dei maschietti dell'epoca, che finalmente avevano qualcosa con cui imbrattare i propri diari (tra lei e Tinì Cansino, ce n'era di che soffocarsi), arrivò la seconda prova discografica. Passata anche lei sotto le grinfie dei pluricitati produttori Stock Aitken e Waterman, il singolo "Nothing's gonna stop me now" non si discostava di un centimetro dalle tante produzioni degli instancabili e immutabili SAW, ma agli amanti della puffetta con la decima di reggiseno poco importava. Ma, come si sa, le mode e i poster vanno e vengono: non bastò una irriguardosa cover di "Satisfaction", per cui meglio non sapere cosa abbiano chiesto da lei in cambio gli Stones per i diritti, nè una dignitosa "Naughty girls" con tanto di rap finale, ad allungarne la carriera. Trovata la tettona bionda, il mondo della musica iniziò a cercare la variabile mediterranea, e sbattè contro l'airbag di Sabrina Salerno. Quella che "voglio che la gente mi consideri una cantante, e non solo una maggiorata", e chiamò il suo album "Over the pop". Bei tempi. La Sammy, poi, che fine fece? Altri dischi in costante declino, un cambio di nome (Sam Foxes) per girare con il passato, e gli ultimi dieci anni a dire "ma no, non mi sono ritirata! Sto incidendo un album bomba, sto per tornare!". Altro che il famoso "Chinese Democracy" fantasma dei Guns: questo sì che è il disco più rinviato nella storia della musica. (Enrico Faggiano)