OSWALD, UZAMECKIS & ASHEIM "The third place"
(2025 )
''The Third Place'', uscito per Nakama Records, è il debutto discografico di un trio che incarna la vitalità e la profondità della scena improvvisativa di Copenhagen: Margaux Oswald (pianoforte), Aurelijus Užameckis (contrabbasso) e Ivar Myrset Asheim (batteria).
Registrato dal vivo nel febbraio 2023 presso la KoncertKirken di Copenhagen, il disco cattura non solo l’interazione tra tre musicisti di grande sensibilità, ma anche l’acustica maestosa della chiesa, che diventa quasi un quarto membro del gruppo, amplificando energia e silenzi.
Il titolo, ''The Third Place'', richiama il concetto di uno spazio “altro”, al di fuori di casa e lavoro: un luogo di incontro, scambio e rischio creativo. Questa idea si riflette nella musica, che si muove tra poli opposti: da intrecci ritmici pulsanti a sospensioni rarefatte, da densità materiche a vuoti carichi di tensione.
L’improvvisazione è totale, ma mai caotica: ogni gesto sembra rispondere a un ascolto profondo, a una ricerca di equilibrio tra struttura e libertà.
Oswald, già nota per il suo approccio fisico e visionario al pianoforte, qui dialoga con il contrabbasso di Užameckis, capace di passare da fondamenta robuste a trame liriche, e con la batteria di Asheim, che alterna propulsione e delicatezza timbrica.
Il risultato è una musica che non si limita a riempire lo spazio, ma lo esplora, lo trasforma, lo rende parte integrante del processo creativo.
In un panorama dove l’improvvisazione rischia talvolta di ripiegarsi su formule prevedibili, ''The Third Place'' si distingue per la sua capacità di mantenere viva la tensione dell’ignoto. È un disco che invita all’ascolto attento, alla disponibilità a perdersi e ritrovarsi in territori sonori sempre cangianti.
Un’opera che non si limita a documentare un concerto, ma testimonia un’idea di comunità artistica: quella che nasce quando tre voci autonome scelgono di rischiare insieme.
Si tratta di un disco estremamente consigliato a chi cerca improvvisazione radicale ma comunicativa, paesaggi sonori che respirano con lo spazio, ma soprattutto un’esperienza d’ascolto che è anche un viaggio mentale.
''The First Place'' è il brano introduttivo, che stabilisce il linguaggio del trio: un inizio quasi timido, con il pianoforte di Oswald che esplora registri medio-bassi, mentre il contrabbasso di Užameckis disegna linee elastiche. La batteria di Asheim interviene con tocchi sparsi, creando un senso di attesa. È il “primo luogo” dove il dialogo prende forma, con un crescendo che suggerisce apertura e curiosità.
''The Next Place'' è il pezzo più lungo e forse il cuore del disco. Qui il trio si spinge verso territori più densi: interplay serrato, cluster pianistici e arco sul contrabbasso che aggiunge tensione. La batteria passa da figure spezzate a un groove irregolare, senza mai cadere nella prevedibilità. È un viaggio che alterna caos controllato e momenti di sospensione, come se il gruppo esplorasse un paesaggio sonoro in continua mutazione.
Dopo la tensione del brano precedente, ''The Good Place'' sembra respirare: fraseggi più lirici, dinamiche contenute, e un senso di “benevolenza” suggerito dal titolo. Il pianoforte si apre a intervalli ampi, mentre il contrabbasso lavora su armonici e pizzicati delicati. La batteria usa spazzole e timbri morbidi, creando un’atmosfera quasi contemplativa.
In ''The Other Place'' il trio introduce elementi di sorpresa: cambi repentini di densità, contrasti tra silenzi e esplosioni improvvise. Il pianoforte diventa percussivo, il contrabbasso si muove tra groove e frasi spezzate, mentre la batteria gioca con il tempo, creando un senso di instabilità. È il “luogo altro”, dove le regole sembrano sospese.
''The Right Place'' trasmette invece equilibrio: dopo le deviazioni precedenti, il trio sembra trovare un punto di convergenza. Il dialogo è fluido, con scambi rapidi e una costruzione quasi narrativa. La risonanza della KoncertKirken è particolarmente evidente qui, amplificando ogni gesto e rendendo il suono tridimensionale.
''The Final Place'' è la chiusura intensa e meditativa. Il trio riprende motivi timbrici dei brani iniziali, ma con una consapevolezza diversa: il pianoforte si distende in accordi larghi, il contrabbasso sostiene con profondità, e la batteria interviene con colpi isolati, quasi rituali. È un epilogo che non chiude, ma lascia aperta la possibilità di nuovi spazi sonori.
Un'esperienza, quella di questo disco, di altissimo livello. Forse non aperta a tutti, ma chi si immergerà in essa non potrà che uscirne appagato. (Andrea Rossi)