STEFANO BOGGIANI "Andvake"
(2025 )
“Andvake” è un titolo che incuriosisce già prima dell’ascolto: deriva da un’antica parola norvegese che significa “insonnia”, ma anche “stato di veglia”, una condizione di attenzione estrema e vigilanza.
Questo concetto è il cuore pulsante dell’album, che si muove tra contrasti netti: ordine e caos, densità e rarefazione, gesto e texture.
Il chitarrista e compositore Stefano Boggiani, italiano di origine ma ormai di casa in Norvegia, guida un quintetto di musicisti nordici di grande sensibilità: Øyvind Mathisen (tromba), Oskar Lindberget (sassofoni), Erlend Olderskog Albertsen (contrabbasso e percussioni) e Markus Kristiansen (batteria).
La loro interazione è il vero motore dell’opera: ogni brano sembra nascere da una scrittura rigorosa, ma lascia ampi spazi all’improvvisazione, creando un equilibrio dinamico tra struttura e libertà.
Il disco si apre con “Sun Eats Mouth”, un brano che introduce subito il tema del contrasto: linee melodiche sospese si intrecciano con ritmi spezzati, mentre la chitarra di Boggiani disegna paesaggi sonori che oscillano tra lirismo e tensione.
“Hourglass” dilata il tempo con un andamento quasi ipnotico, mentre “Hi Reaction” accelera il passo con un interplay serrato tra fiati e sezione ritmica.
Il cuore dell’album è forse “Without a Net”, oltre sei minuti di equilibrio precario, dove ogni nota sembra camminare sul filo, evocando la sensazione di rischio che il titolo suggerisce. Chiude “Ritual”, un brano che sintetizza l’essenza del progetto: ritualità sonora, ripetizione e trasformazione, in un crescendo che lascia l’ascoltatore in uno stato di vigile contemplazione.
Dal punto di vista stilistico, “Andvake” si colloca nel solco del jazz contemporaneo europeo, con echi di improvvisazione libera e una forte attenzione alla ricerca timbrica. Non è un disco immediato: richiede ascolto attento, proprio come suggerisce il titolo. Ma chi si concede il tempo di entrarci scoprirà un lavoro coerente, raffinato e profondamente espressivo.
In sintesi, “Andvake” è un album che parla la lingua del contrasto e della tensione creativa. Un’opera che riflette la maturità di Boggiani come compositore e la complicità di un ensemble capace di trasformare ogni idea in esperienza sonora.
Per chi ama il jazz che non si accontenta di formule, ma cerca spazi di libertà e profondità, questo è un ascolto imprescindibile. (Andrea Rossi)