recensioni dischi
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FANALI  "Nun me scetà"
   (2025 )

Con ''Nun me scetà'', il trio Fanali (Caterina Bianco, Michele De Finis e Jonathan Maurano) compie un’operazione audace e poetica: rileggere dieci classici della canzone napoletana – immortali grazie alle voci di Sergio Bruni e Roberto Murolo – attraverso una lente contemporanea fatta di elettronica, post-rock e atmosfere cinematiche.

Pubblicato da Phonotype Records e registrato nello storico Auditorium Novecento di Napoli, il disco è un ponte tra passato e presente, tra la profondità emotiva della tradizione e il linguaggio sonoro di oggi.

Fin dalle prime note della title track ''Nun me scetà'', così come di ''Voce ’e notte'', emerge la cifra stilistica del progetto: arrangiamenti minimalisti, tappeti elettronici e una voce – quella di Caterina Bianco – che si muove con delicatezza, rispettando l’essenza originale ma donandole nuova vita. Non si tratta di una decostruzione, bensì di una reinvenzione elegante, che conserva la malinconia e la forza narrativa dei brani.

La tracklist è impreziosita da collaborazioni che ampliano il dialogo tra generazioni: Roberto Colella (La Maschera) in ''’Na Bruna'', Altea (Thru Collected) in ''Amaro è ’o bene'' e Dario Sansone (Foja) in ''Carmela''. Ognuno porta la propria sensibilità, creando momenti di grande intensità emotiva. In particolare, il brano ''Carmela'' diventa un climax struggente, capace di evocare ricordi e radici senza scivolare nella nostalgia sterile.

Il merito di Fanali è aver evitato la trappola del “cover album”: qui non c’è imitazione, ma un vero lavoro di ricomposizione sonora, che intreccia campionamenti, ritmi sospesi e suggestioni visive. Il risultato è quindi un disco che si ascolta come un viaggio: Napoli appare come una città in chiaroscuro, dove il tempo scorre a velocità diverse, e dove amore e morte continuano a vibrare con la stessa intensità di ieri, ma in una veste nuova.

In sintesi, ''Nun me scetà'' è un’opera raffinata, coraggiosa e necessaria. Non solo celebra due giganti della tradizione, ma dimostra che la canzone napoletana può dialogare con il presente senza perdere la sua anima.

Un album, questo, che merita di essere ascoltato con attenzione, perché ogni traccia è un tassello di un mosaico sonoro che racconta Napoli oggi, con rispetto e visione. (Andrea Rossi)