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LUCA NOBIS & ROBERTO GUALDI  "Échos de bazar"
   (2025 )

Il bazar è quel mercato tipico del mondo arabo, dove ci trovi di tutto, tra le bancarelle riunite nei caravanserragli. È a quel mondo che si sono ispirati due virtuosi musicisti, il chitarrista Luca Nobis e il batterista Roberto Gualdi, per realizzare l'album “Échos de Bazar”.

Entrambi i suonatori ricoprono ruoli di responsabilità presso il CPM di Milano e vantano un lungo curriculum. Nobis ha fondato il collettivo E-Wired Empathy, improntato sulla ricerca tra musica acustica ed elettronica, e sulla composizione estemporanea. Gualdi ha collaborato con molti nomi della scena italiana (PFM, Jannacci, EELST, Lucio Dalla, Stef Burns, Elodie...) e con Cesareo ha fondato i Four Tiles.

Durante una serata d'improvvisazione, i due musicisti si incontrano e decidono di fondare un sodalizio artistico, dal quale nasce questo percorso che intreccia chitarra acustica e batteria. La titletrack si fonda su un inciso melodico arabeggiante, seguita da “Come una primavera”, di cui si nota il soffice tappeto percussivo, quasi ovattato.

Un incalzante inciso, sviluppato in tre battute di 7/8 e una di 4/4, è “Morning Interlude”, che dura un minuto ed è il primo di tre interludi che fungono da boa nel flusso della scaletta. “No Fear” è una melodia meditativa che si staglia nel vuoto creato dalle percussioni soft, mentre “Kali Moon” accende l'aria con un ritmo terzinato.

L'“Afternoon Interlude” è composto da arpeggi accompagnati da una percussione dal timbro ricercato. Con “Sundance”, la mia prima reazione è stata: “Ayayay, è arrivato Ricky Martin!”. Questo perché il tema della chitarra, in tonalità minore, ha le caratteristiche di un brano latin pop midtempo, che mi ha richiamato alla mente il cantante portoricano.

Con “Da lontano – Duet” Nobis esplora gli armonici per un brano dolce, e nel “Night Interlude” suona ancora più piano, per non disturbare le note di celesta suonate da Gualdi. Anche se questi interludi durano un minuto, in quel minuto creano una precisa atmosfera riconoscibile.

Con “Il varco” si torna alla velocità, con un ritmo dritto country. Infine, “Breath” chiude l'album con suoni riverberati, crescendo di piatti e dei suoni che assomigliano agli armonici vocali che si ottengono nelle diplofonie tibetane. È una carezza ambient.

Come dicevamo, quest'album è un bazar: c'è di tutto, e trasmette l'entusiasmo del frugare tra “stoffe, gioielli e ori” (cit. Cocciante). (Gilberto Ongaro)