UMBERTO MARIA GIARDINI "Olimpo diverso"
(2025 )
Uscito per La Tempesta Dischi, il nuovo lavoro di Umberto Maria Giardini conferma la propria firma, riconoscibile in quell'incontro tra parole disincantate e ricercate, cantate da una voce pensosa e distaccata, e l'alternanza tra sonorità acustiche ed elettriche.
“Olimpo diverso” è aperto dalla breve titletrack, dove Giardini non nasconde, anzi celebra il proprio essere di non facile accesso: “Fu la fortuna mia brillare di antipatia, dentro al buco nero in cui piromane cadevo”. Lo sguardo concreto e sincero è la base di partenza dell'album: “Dammi la pietà, regalami la realtà, tanto credo solo a quel che vedo (…) povera Italia mia”.
Il riff di “Frustapopolo” si sorregge su un insolito tempo in 11/8 (oppure 5/8 + 6/8, se preferite). E qui il testo diventa un inquietante accostamento di immagini: “Come hai potuto odiare gli alberi, mentre adoravi le mie mani, eiaculando tra le vergini. Provocatore come pochi, partecipare ad ogni call, l'uomo ridotto come un martire. Dovrò dirti addio, oggi no, dovrei farlo un po'. Ecce homo io, io di fronte a te e a me. Non hai voluto dare ordini al monopolio dei tuoi dei. Uva abbondante in mille grappoli”. Metà del brano è una coda che sviluppa un intenso crescendo, con note di sax che accompagnano all'assolo di chitarra elettrica.
“Topazia” distrae al punto che forse solo a un secondo ascolto ci si accorge che è strettamente legata al nostro tempo: “L'accademia del tuo corpo finalmente rovesciata nel laboratorio umano dell'orrore, dando una ragione al motore ingolfato dell'amore”. Che l'amore abbia il motore ingolfato, in questi tempi in effetti è proprio vero, sembra fuori moda parlare d'amore in un mondo diretto da violenza e sopraffazione. Ma con Giardini il significato non è mai univoco, infatti questo verso è circondato da strane visioni: “Topi, cervi e galline ballano con me”.
“Paga la vita” è un altro pezzo che vuole brillare di antipatia: “Non ho contanti con me, perché non pago più, perché lo farai tu per me”. Il pezzo più rock è “Energia”, dove il testo si condisce di sarcasmo: “Megalomania di casa mia, che Rinascimento a fuoco lento”. “Vipera blu” racconta un tormentato rapporto: “Maggio è per me un tempo per dimenticare, nelle fasi altalenanti per poterti amare. Vipera blu, tranquillamente perdi tempo, ci incontreremo nella lava laggiù all'inferno”.
“Pietre nell'accappatoio” è il brano lento, e nella sua atmosfera si scava sull'erosione di una relazione: “Pigri e ignoranti, belli e lontani. Come gabbiani avviliti nei propri divani. Quale criterio avevamo, e con quali bugie?”.
Il sound si fa sperimentale in “Capire prima che accada”, fa ricordare i Radiohead di “Kid A”. In effetti, si può trovare un collegamento anche testuale con quel disco, con quelle successioni di impressioni, come la celebre frase “Yesterday I woke up sucking a lemon” di Yorke. Qui invece i colori si fanno tenui e autunnali: “Rinunciamo a tutto e adagiamo i corpi nell'acqua fredda dei laghi morti. Nelle giornate grigie in un clima mite”.
“Mega estate”, è un brano strumentale che per questo ci permette di focalizzarci maggiormente sulla formula sonora. Accostamento di chitarra acustica, lick di elettrica e suoni cristallini di tastiera creano un'atmosfera evocativa e malinconica, che anche senza la voce di Giardini esprime il suo sguardo distaccato. È come se volesse descrivere un'emozione dall'esterno, senza lasciarsi bruciare da essa. Queste sono canzoni placebo.
Alla fine dell'album, sembra che Giardini tiri le fila delle sue riflessioni, pagando per la sincerità: “La mia natura parlò più di quanto non avrebbe mai dovuto fare”. Ma ancora continuano le immagini accostate in maniera apparentemente casuale: “Il piombo nella padella, mangeremo unicamente frutti della terra. Nella tua calligrafia mi pare di notare quell'indecisione mia”. E sull'indecisione si chiude l'album.
Da notare che nelle canzoni centrali il disco è intriso di realismo visionario, ma nel brano d'apertura e in quello di chiusura compaiono due precise figure religiose. Nella prima canta “Nudo e crudo come un Cristo a cui non credo”, e nell'ultima “La notte mangiò il mattino, mentre, come Giuda, alzava il calice del vino”. Iniziare con un Gesù rifiutato, per finire con un Giuda che prende il suo posto, in un tempo che va al contrario (dovrebbe essere il mattino a mangiarsi la notte, non il contrario).
Giardini si sente tradito, o traditore? Verso cosa, verso chi? L'indecisione sta sul credere o meno? In cosa consisterebbe la diversità di questo Olimpo? L'autore non dà risposte ma fa aumentare le domande, e accende il pensiero degli ascoltatori. Non è l'unico a farlo, ma è uno dei pochi che nella scena italiana è riuscito a farsi notare senza cedere a facilitazioni e compromessi. (Gilberto Ongaro)