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GIORGIO CICCARELLI  "A luci spente"
   (2025 )

Uscito per Vrec Label, il nuovo album di Giorgio Ciccarelli “A luci spente” è un nuovo capitolo della sua carriera solista.

Noto per essere stato chitarrista degli Afterhours, ma anche fondatore dei Sux!, l'artista torna a collaborare con il fumettista Tito Faraci, che scrive i testi. Le parole sono introspettive e fanno emergere inquietudini esistenziali, fatte rimbalzare dal sound rock.

Inquietudini che si possono riassumere nella sesta delle otto canzoni in scaletta: “Nessuno è niente”, che cerca di resistere alla paura della fine e dell'assenza di scopo: “Un paesaggio irrilevante fuori dal finestrino, quello che passa a lato, come un altro destino. (...) Nessuno è niente. Una comparsa muore mentre lo schermo sfuma in dissolvenza, in nero senza importanza alcuna. Ma è solo un poco di prospettiva per non aver paura che quello sia il riflesso dell'unica scena che per me è sicura”.

Sulla falsariga dell'aforisma nietzschiano, per il quale se scruti l'abisso troppo a lungo, alla fine è l'abisso a scrutare te, Ciccarelli ammonisce (anche a sé stesso): “Ed è pericoloso oltre che lento, vagare sull'orlo dello scontento. Il rischio reale che sembrava remoto è di cadere per il terrore del vuoto”.

Nonostante questo, non cerca risposte facili e preconfezionate: “Quasi nessuno lo dice a chi resta aggrappato a una religione, che il male dei giorni non avrà guarigione (…) Senza un motivo, muori e sei vivo”.

Un loop ossessivo di chitarra acustica, assieme a un terzinato sintetico, ci accompagna “Dentro il vuoto”. Vuoto e buio sono gli spazi chiave dell'album, aperto dalla titletrack dove Ciccarelli canta che l'oscurità è un rifugio: “A luci spente, non è una cura ma è meno dura”.

Il termine cristiano “Peccati” diventa titolo di un brano sul senso di colpa appiccicato dalla società: “Quanti nostri peccati ci verranno attaccati”. In questo brano, l'inciso di pianoforte si chiude con una dissonanza, a rappresentazione di questa dissociazione tra la propria coscienza e quella che ci viene attribuita dall'esterno.

Il penultimo brano sembra dare un piccolo spiraglio di speranza, un 6/8 chiamato “Dovunque sia dovunque vada”, dove l'autore cerca poesia nello sguardo innocente e incosciente dei bambini, auspicando “che ci sia sempre una strada dovunque sia dovunque vada”. Ma è solo un attimo, perché la disillusione torna a chiudere l'album con “Quale nuova bugia?”, sopra degli arpeggi di chitarra.

Il brano centrale “Difficile come ogni cosa” è uno spoken word che ricorda il periodo dei Sux!, quando Ciccarelli già recitava, come in “Un minuto ancora”. Oltre al buio, Ciccarelli cerca anche la solitudine, vuole essere lasciato in pace, “stanco di essere stanco, col fiato corto, il fiato di un morto”.

Lo spoken word verso la fine cresce fino a diventare urlato. E qui c'è il fulcro della condizione descritta: “Spiegare è difficile, sembra quasi una posa (…) Quest'autunno è già inverno e che sa di peccato, questa vita è già inferno, ma la buona notizia è che non è in eterno”. Non so cosa sia successo a Giorgio Ciccarelli, ma gli mando un abbraccio a distanza.

Le parole di Tito Faraci illustrano una vita segnata dalle difficoltà e che trova riparo nell'ombra, pensando leopardianamente alla morte come fine delle tribolazioni. Il rock diventa così una corazza che protegge e dà forza. (Gilberto Ongaro)