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SUBMEET  "Codename ®"
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E’ un brutto mondo quello disegnato a tinte fosche dai Submeet, trio mantovano che, a cinque anni abbondanti dal consistente debutto “Terminal”, pubblica per No Profit Recordings/Controcanti Produzioni/Santa Valvola Records/Non Mi Piace le dieci tracce feroci e urticanti di “Codename ®”, virata decisa e convincente verso territori ancora più impervi ed inospitali rispetto al già virulento esordio.

Zannunzio (voce, basso, synth), Andrea Guardabascio (chitarra) e Jacopo Rossi (batteria) imbastiscono un lavoro abrasivo e spinoso, iracondo ed aggressivo, talora spinto al limite del fastidio fisico, una cattedrale di suono che flirta con derive post-tutto ed affoga ogni sparuto accenno di spezzata melodia nel maelstrom di un noise-rock teso e nevrotico, focoso e viscerale, sovraesposto e carnale, brutale a tratti.

Tempestose dissonanze, feedback lancinante, drumming incalzante ed un canto intimamente violento, sporco, malsano, guidano partiture stravolte e allucinate verso picchi di stordente efferatezza (“Jolanda”), definendo il perimetro di un disco diretto e astioso, ammantato di un’aura malevola in un clima minaccioso ed incombente. Al crocevia tra Jesus Lizard, Unsane, Unwound, One Dimensional Man, va in scena un assalto a testa bassa che non concede requie né lascia spiragli di redenzione, di pacificazione, di accondiscendenza, un teatro off che vive su un pathos incessante e su un continuo, costante accumulo e rilascio di tensione (“Water Memory”, con cameo di Giovanna Cacciola degli Uzeda).

Aperto da tre minuti di elettronica infida e martellante, cupo abbrivio attendista, incipit buio e stridente, ouverture che funge da preludio al martirio sonoro prossimo venturo, l’album collassa in un inferno di contorsioni elettriche che ne segnano l’umore e la direzione: è uno sferragliante trionfo di distorsioni, regno indiscusso di testi soffocanti e bassi roboanti (“Another Turing Test”), di accelerazioni assassine (“Apiary”), di ossessioni maniacali dispensate ad arte in un clima parossistico e ostile (“Leg Day”), di sporadiche, quasi beffarde variazioni al tema (“Decameron”, assillante, frenetico epilogo à la Nine Inch Nails).

Volutamente distante anni luce da qualsiasi forma di godibilità, “Codename ®” rifugge l’idea stessa di intrattenimento, ergendosi – totemico - a sfregio della futilità dell’estetica.

E’ un grido furioso, un muro a stento valicabile, un prodigio di caparbia, ferrea pervicacia.

E’ un album fieramente spietato, coraggiosamente ostinato, decisamente memorabile. (Manuel Maverna)