recensioni dischi
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GRINDERMAN  "Grinderman"
   (2007 )

Un Nick Cave decisamente prolifico prova la carta di un progetto collaterale ai Bad Seeds e sforna un nuovo (quasi) gruppo: Grinderman, con il relativo primo album omonimo. Già, perché se ci si sofferma sui componenti della band, tutto fa pensare ad una costola dei 'cattivi semi': Warren Ellis, Martyn Casey, Jim Sclavunos... Ma allora cosa cambia? Innanzitutto il look del capitano, che si presenta con due baffoni vecchio stile, quasi a raffigurare un quadro dell’ottocento, e poi… poi un po’ (ma solo un po’) la musica. E, ah già! I Grinderman ci offrono un Nick Cave alla chitarra. Il disco si presenta con un sound decisamente più diretto, sporco ed elettrico rispetto alle ultime produzioni con i Bad Seeds. Il primo ascolto si fa apprezzare soprattutto se paragonato agli ultimi troppo deboli capitoli (“Nocturama” in modo particolare), anche se risulta difficile, in altri casi, scorgere differenze rispetto al Cave tradizionale. C’è sicuramente molta voglia di tornare a cantare i bassifondi e la rudezza della vita, eliminando, conseguentemente, le produzioni troppo patinate che avevano francamente stancato un po’ tutti. E, per ritornare indietro di una ventina d’anni, Cave sceglie la corrente e la sua voce. Praticamente il gioco è fatto. La copertina raffigura un babbuino che pare urlare agli acquirenti del disco. Resta a voi decidere se il suo è un invito all’ascolto o, viceversa, un monito: “state lontani da quello che ci trovate dentro”. Con le prime due tracce “Grinderman” dà il meglio di sé. “Get it on” offre il vocalist in forma mentre la sessione ritmica di Casey e Sclavunos è grintosa e veloce, come da tempo non si sentiva nei Bad Seeds. Le chitarre elettriche (compresa quella di Nick Cave) sono onnipresenti e distorte, mentre creano un muro di feedback davvero piacevole. Il singolo “No pussy Blues” è ancora superiore. Si presenta ancora più enfatica (nello stile Cave) e con un ritmo che si infiamma piano piano, fino ad esplodere nella collera dei protagonisti e dei loro strumenti. Non ci sono fronzoli e non c’è delicatezza. Se tutto l’album fosse di questa intensità, sarebbe davvero delizioso. Il video, inoltre, rimane di forte impatto, non potendo trovare collocazione in fasce orarie non protette (vedere per credere), confermando la voglia dei quattro di non scendere troppo a compromessi. “Electric Alice”, “Honey Bee” e “Love bomb” rimangono su buoni livelli, mentre la canzone omonima inizia a scendere di tono, pur conservando una certo fascino nella sua lentezza e nella sua semplicità. “I don’t need you to set me free”, si caratterizza per il constante basso di Casey in primo piano; è gradevole ma chiunque potrebbe identificare questa canzone come proveniente direttamente dal repertorio dei Bad Seeds. Meno esaltanti alcuni capitoli come “Chain of flowers” o “Man on the moon”, che perdono un po’ troppo d’energia, facendoci tornare lo spettro di quel Nick Cave troppo mansueto e docile, che poco ci convince. Tutto sommato il primo (l’unico?) lavoro dei Grinderman rimane un album apprezzabile e dignitoso; un’altra piacevole espressione del sempre più creativo Nick Cave. Che, nel frattempo, ha già annunciato il prossimo con i Bad Seeds al completo. Lo stakanovista è al lavoro. (Gianmario Mattacheo)