recensioni dischi
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NICK DRAKE  "Five leaves left"
   (1969 )

”Five leaves left”. Sono rimaste cinque cartine, e cinque sigarette da fabbricare, a quel ragazzo dai capelli lunghi che, sull’immagine di copertina, guarda assorto ad un punto fisso, fuori dalla finestra di casa sua.

Facile, col senno di poi, pensare che la malinconia pervade il debut album di Nick Drake, ancor prima di estrarre il vinile dalla copertina, pensando solo al titolo, a quella foto, e ad una evocativa tracklist. Poi, però, il disco va anche ascoltato.

“Il tempo mi ha detto che sei una rarità, una cura tormentata, per una mente tormentata”, è l’incipit della prima poesia di questo 21enne proveniente dalla grigia campagna di Birmingham, eccellente chitarra acustica fin dalle note d’esordio, voce subito dolente e di dubbia intonazione.

In "River Man", gli archi rendono l’atmosfera ancor più eterea, le parole e la voce di Nick fanno il resto, mentre la chitarra se ne resta in disparte, con la sola funzione di puntualizzare.

Lo status quo della maturità artistica di Drake, che fa da contraltare ad un’adolescenziale incostanza lirica, è tutta in questa canzone e nella quarta traccia, quella “Way to Blue” che diverrà una delle più note. Lì non si può evitare di assecondare il pianto dei violini, nè quella grevità che evoca alberi spogli e foglie cadenti e nebbia fitta, mentre le parole chiamano il sole, la luce, la strada per il blu.

“Day is done” e, soprattutto, “Cello Song”, sembrano far virare l’album verso una nuova luce anche lirica, tanto che si citano speranza, primavera, cielo e onde, a far balenare il miraggio di un epilogo meno cupo di quello che, alla sesta traccia, è già un percorso musicale ed emozionale evidentemente memorabile.

“The thoughts of Mary Jane” aggiunge all’iter un magistrale utilizzo dei fiati, “Man In A Shed” le virtù di un pianoforte stranamente allegro, ma il bello, lo sconvolgente deve ancora venire, e ha la strabiliante fattezza di “Fruit Tree”. E’ la decima e penultima canzone dell’album, ma anche l’ideale epigrafe di una vita e di una carriera potenzialmente ancora in fiore.

Accompagnata da un riff magistrale, è la ballata della disillusione, della fama assimilata ad un albero da frutto molto malato, che non fiorirà finchè il fusto resterà piantato in terra. Storia musicata di un’avventura umana e professionale, la giovane vita di Nick, che è una meteora svanita ancor prima di essere iniziata. “Fruit tree, fruit tree No-one knows you but the rain and the air. Don't you worry They'll stand and stare when you're gone. Fruit tree, fruit tree Open your eyes to another year. They'll all know That you were here when you're gone”.

Finite cartine e tabacco, il successo resterà, per Nick Drake, una nuvola di fumo. "Bryter Later" e il delirante "Pink Moon" sono le altre due perle che, nella giovinezza mai diventata età matura, regalerà al suo scarno pubblico questo cantore dal destino per certi versi vangoghiano. Morirà in casa, a 26 anni, dopo esser tornato nella sua Tanworth, avendo preso coscienza che il successo, le apparizioni pubbliche, lo show business non erano cose per lui. “E così gli uomini famosi non troveranno mai la loro strada, finché non sarà volato il tempo, lontano dal giorno della loro morte", predizione oscura quanto tristemente reale, di un ventunenne che sarebbe morto solo 5 anni dopo.

Una volta riemerso dall’oblio in cui fu relegato dal proprio tempo, il nome di Nick Drake sarebbe divenuto quello di un grande genio incompreso, nonché una delle maggiori fonti d’ispirazione della musica inglese. (Luca Marozzi)