recensioni dischi
   torna all'elenco


TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI  "La seconda rivoluzione sessuale"
   (2007 )

Tre Allegri Ragazzi Morti. Un gruppo di culto, divenuto con il tempo un vero e proprio punto fermo della discografia nazionale e non solo. Sembrano lontani anni luce i tempi nei quali il nome della band produceva curiosità ed anche scandalo. I tempi nei quali il tipico nascondersi del gruppo, il non mostrarsi se non dietro le inquietanti e caratteristiche maschere, generavano angoscia piuttosto che attenzione. Il gruppo non ha rinunciato neanche questa volta alle consuete posizioni forti nei confronti del business musicale, quali l’omissione della faccia dei musicisti, sostituita appunto dalla ormai famosa maschera a forma di teschio, e dell’indipendenza produttiva grazie all’etichetta 'La Tempesta', con la quale negli ultimi anni la band ha dato voce anche ad altri importati artisti come Moltheni e Giorgio Canali. Ora chiunque segua, anche con poco sforzo e curiosità, la scena musicale tricolore, sa bene chi sono i Tre Allegri Ragazzi Morti. Il momento migliore per ribadire quanto già fatto e proposto, e per esplorare nuove strade, nuovi obiettivi da porsi, è proprio questo: l'uscita del nuovo lavoro "La seconda rivoluzione sessuale". Come sempre una proposta attenta, impregnata di mire precise e di bazooka ben puntati. Undici brani scritti dalla band più una cover degli Art Brut, 'My little brother', che nella nuova versione è diventata 'Mio fratellino ha scoperto il rock’n’roll', con il basso di Brian Ritchie dei Violent Femmes e con i cori e le chitarre dei Zen Circus. Si tratta del quinto album per la band (a quasi tre anni dal precedente disco 'Il sogno del gorilla bianco'): dieci anni di discografia che, al personalissimo cambio dei Tre Allegri Ragazzi Morti, nella loro personalissima valuta, valgono quasi mille concerti in giro per l'Italia. Il titolo, ovviamente, non è per nulla casuale: tutto il lavoro è pulsato da un’autentica ispirazione sessuale, presente da sempre nella musica dei Ragazzi ma qui ancora più esplicitata, non solo dalle liriche del bravo leader-fumettista Davide Toffolo ma anche e soprattutto dalla musica. Musica che, senza discostarsi troppo (e meno male!) dal tipico rock’n’roll, si è notevolmente arricchita, dopo le esperienze sudamericane, di suoni scarni, diretti, a volte addirittura dance e rap. Benvenuti, quindi, gli ottoni dei Meganoidi, le chitarre di Ru Catania degli Africa Unite e di Agostino dei Lombroso, il rap in francese della cantante Flora Michal (nella splendida 'L'impegno'), e la voce di Marcella De Gregoriis. Come sempre il disco è compatto e ben suonato, senza soste e senza cedimenti di sorta. Plauso soprattutto alla trascinante 'Allegria senza fine', alla curiosa 'Ninnanannapernina', una ninnananna erotica cantata a due voci, e, soprattutto (con un po' di orgoglio da parte di chi scrive), per l'omaggio che i TARM rivolgono a tutti noi giornalisti musicali, che, a loro dire, in questi anni difficili per la musica italiana (strozzata da evidenti dinamiche internazionali), abbiamo continuato a scrivere di rock, omaggio esteso a tutti i musicisti che a questo modo di essere hanno dedicato la loro esistenza. La canzone in questione si chiama 'La sindrome di Bangs', riferendosi al più popolare dei giornalisti rock: Lester Bangs. Un ultimo, sentito appello mi sento di rivolgerlo personalmente a chi, a tutt'oggi, non ha mai avuto occasione di ascoltare una sola nota di questo gruppo. Dimenticatevi tutto, dimenticatevi l'inquietante nomignolo della band, le maschere, la rivoluzione sessuale, le tante parole spese e lette, e, semplicemente, mettete su questo disco. Scegliete un brano a caso, ed ascoltate. Vi innamorerete, è inevitabile. Di tutte le malattie, però, questa è la più piacevole, la più appagante. Perché curarsi? (Andrea Rossi)