recensioni dischi
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IVAN VICARI AFRO JAZZ TRIO  "Colpo di coda"
   (2007 )

Se si parla di jazz, pochi (o forse pochissimi) sono, realmente, in grado di affermare di comprendere a fondo questo genere musicale. Molti ci si avvicinano, molti affermano magari di masticarlo con gioia, ma la realtà è che non sono molti i fortunati, veri fruitori del jazz. Ora poi che questo genere è, soprattutto, contaminazione (e infatti il termine "jazzato" a fianco di un qualsiasi tipo di musica è ormai all'ordine del giorno), i dischi di puro jazz sono divenuti una merce invero rara. Altro è, invece, quando strumentisti diversi, e con diversi percorsi musicali alle spalle, si incontrano nel nome del jazz. L'unione delle differenti culture e delle differenti strade musicali, porta spesso ad un salto di qualità palpabile, a volte addirittura esaltante. Questo disco dell'Ivan Vicari Afro Jazz Trio entra, di diritto, in quest'ultima fantastica schiera. Quella che esalta l'ascoltatore con una proposta vincente e convincente, che fa del jazz un linguaggio letteralmente universale. Con Vicari in questo viaggio ci sono, del resto, musicisti a dir poco fantastici. Il sassofonista giapponese Genzo Okabe è, da italiano ormai acquisito qual è, uno degli indiscussi maestri del genere, e, soprattutto, Karl Potter è in assoluto uno dei migliori percussionisti al mondo: ha collaborato con i più importanti artisti della scena musicale internazionale, da Marvin Gaye a Herbie Hancock, da Charles Mingus sino a Dizzy Gillespie. Per diventare infine, a sua volta, italiano per adozione. Lo stesso Vicari, infine, è ormai uno strumentista acclamato in tutto il mondo: romano (e figlio d’arte), iniziò in realtà a suonare rock su organi combo, poi, con il padre, dopo aver riscostruito, tasto per tasto, un Hammond B3 privo di pedaliera, decise di dedicarsi al jazz. Meglio così, a giudicare da questo album (e non solo, ovvio). Attenzione, non che nell'album manchino contaminazioni con altre idee musicali: c'è anche blues, in questo "Colpo di coda", e, come suggerisce il nome stesso del trio, tutto viene digerito e metabolizzato in chiave afrojazz. Con tocco, infine, non indifferente, di "mediterraneità". Negli 8 brani (due originali e sei standard) meritano particolare citazione l'apripista "Saudade" di Walter Booker, la celeberrima "Billie’s Bounce" di Charlie Parker e, soprattutto, "Song for Bilbao" di Pat Metheny, nella quale il suono del sax di Okabe e l'assolo tastieristico di Vicari si rincorrono in una stupefacente gara di bravura. Ensemble riuscito, insomma, quello del trio, e pure quello delle varie influenze che hanno composto questo cd. Ed il magico suono dell'Hammond di Ivan riuscirà, vedrete, a vincere anche orecchie insospettabili, use magari a ben altri gusti musicali. (Andrea Rossi)