recensioni dischi
   torna all'elenco


HANTURA  "Suddanima"
   (2007 )

Con il fascino della “luna di notte” evocata in uno dei nuovi brani, spunta inatteso ed improvviso, in questo inizio d’estate, un secondo album degli Hantura dal nome particolarmente evocativo. “Suddanima”, sorpresa di freschezza e maturità, rappresenta per la band calabrese (di Petilia Policastro, Crotone) un passaporto per rivendicare l’abbandono della musica a dimensione locale, e l’ingresso a buon diritto nel mondo dinamico e contaminato della World music. Lasciati solo “poco fa” ('hantura' appunto, nel loro dialetto) i propositi - peraltro ben riusciti - di ritrovare la tradizione ripercorrendo le orme del loro principale ispiratore (Eugenio Bennato e la sua Taranta power), per il loro secondo lavoro i musicisti petilini degli Hantura, oltre a guardare alla tradizione locale, alla quale da sempre si ispirano, si sono guardati a lungo dentro, alla ricerca di una propria anima originale. Il risultato è questo album ricercato, a lungo pensato negli intervalli di un percorso live che negli ultimi tre anni li ha portati in giro per i paesi della Calabria, le principali città d’Italia e della Svizzera italiana, con puntate su Radio Uno e su varie televisioni locali. In “Suddanima” gli Hantura non dimenticano di certo le loro origini. Lo dimostra, se ce ne fossero dubbi, un nuovo omaggio al maestro Bennato, che il progetto degli Hantura ha personalmente spinto fin dall’inizio: è il rifacimento di “Primmavera”, un brano delle sue origini ripescato da un vecchio album dei Musicanova, “Quanno turnammo a nascere”, datato nientemeno che 1979. Trait d’union fra questi dodici brani e quelli del precedente album (omonimo, 2004), è l’opera di svecchiamento ed apertura della tradizione musicale petilina, motivo fondante della stessa nascita del gruppo all’inizio degli anni novanta. Fin qui niente di nuovo, oltre a quello per cui gli Hantura si erano già fatti apprezzare lungo tutti questi anni di balli e musica nelle nostre piazze. La piacevole sorpresa passa invece da testi come quello che dà nome e respiro all’album. “Suddanima”, anima del Sud: un’analisi lucida ed appassionata sulle contraddizioni del Mediterraneo, grande mare da salvare, panacea di popoli e di problemi millenari, in cui le storie di bellezza e povertà del nostro Meridione si specchiano inevitabilmente - complice la sua acqua trasparente - col destino dei popoli della sponda africana. Un lamento di sofferenza, ed insieme un manifesto di speranza, per una rinascita che necessariamente passa dalla cooperazione fra i popoli che ne abitano le rive. Usciamo allora - questo è il messaggio degli Hantura - dalla millenaria chiusura della nostra tradizione, ed allarghiamoci al mondo attorno. Gli Hantura lo fanno attraverso un’inedita apertura alla pizzica, alla taranta campana, la romantica tradizione acustica di certa musica d’autore, le coinvolgenti percussioni africane. In due parole questo album è world music, con in testa però sempre fisse le coordinate del dna silano. Lo dimostrano le quattro nuove rivisitazioni della tradizione petilina: “Su li primi di settembre”, canto tradizionale religioso, “Tuppi tuppi chi n’è” e “E ru sule ha datu la tumma”, due ironiche e celebri ritornelle, e la romantica “Malanzurtata”, che contiene tra l’altro una magistrale interpretazione della nuova voce femminile, Raffaella Caruso. I segni di una raggiunta maturità musicale, e di un’appena iniziata ricerca lirica (senza tuttavia l’abbandono del dialetto, ad ennesima dimostrazione delle sue grandi capacità) passano sicuramente attraverso due piccole perle come “Luna de notte”, indimenticabile canzone d’amore in voce e chitarra, oppure “Vita e brigante”, in cui gli Hantura riescono benissimo nell’impresa disperata di scrivere un nuovo inno alla storia dei briganti senza scadere nel già sentito. (Simone Arminio)