recensioni dischi
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KILT  "Tra serpi e favole"
   (2007 )

Mi ha sempre fatto ridere il kilt. Innanzitutto perché vedere uomini (fieri) in gonnellino provoca sempre la mia ilarità. In secondo luogo perché, anche se pochi lo sanno, il kilt non è ne' un'usanza tradizionale ne', tantomeno, seria: risale infatti solo all'800 e, soprattutto, fu inventato per scherzo! L'idea venne a Thomas Rawlinson, un'eccentrico nobiluomo inglese dell'800, che, per una festa in maschera, per burla si vestì in questo modo pittoresco, con quella gonna che ormai tutti pensano tanto "tradizionale": voleva infatti, semplicemente, prendere in giro la genia scozzese... Per questo mi viene da ridere a pensare agli scozzesi "d.o.c.", che, ancor oggi, sfoggiano le proprie gambe pelose in gonna, senza rendersi conto non solo di non seguire assolutamente un'antica usanza ma, soprattutto, di aderire ad un'idea irrisoria, e, per giunta, di un inglese! A chi non dovesse credere a queste parole, sarà sufficiente consultare qualche libro oppure, molto più semplicemente, la classica Wikipedia. Beh, da oggi riderò di meno. Perché i Kilt (quelli con la kappa maiuscola) fanno musica come Dio comanda. C'è, infatti, ben poco da ridere nella proposta dei ferraresi Kilt, riuscito e tiratissimo mix di indie-rock tra Rage Against the Machine, Tool, Jane's Addiction, Audioslave, Red Hot Chili Peppers e gli italiani Afterhours (soprattutto RHCP, in verità, di cui per un buon periodo i ragazzi sono stati cover band). Senza mai, però, lasciarsi troppo andare nel seguire le orme dei citati padri: si tratta, infatti, di una proposta originale, a tratti addirittura innovativa, quella del gruppo, che nello scegliere ad oltranza la lingua italiana per la loro proposta infrangono parecchi muri, e tutti in maniera più che positiva. E si tratta, va ricordato, di ragazzi giovanissimi: particolare, questo, quasi incredibile in alcuni momenti del disco, tanto grande e convincente è l'impatto e la maturità espressa del gruppo. Gruppo che però, in barba alla giovane età, si è già dato un gran daffare: nel 2001, appena quindicenni, divengono una delle cover band più richieste, pubblicando "Over the covers", un demo autoprodotto che raccoglie 4 brani dei Red Hot Chili Peppers ("Suck My Kiss", "Sweet Home Alabama", "Under the Bridge", "Californication"). Poi è la volta dei successivi demo "Walt Disney train" e "Icarus", fino a "Fuori dal gioco", album del 2005, che fa notare in maniera prepotente l'ensemble ferrarese, e che suscita l'interesse della Lady Music Records, al cui acume è dovuta la genesi di quest'album. Nel quale gli episodi più riusciti sono decisamente la title track e "Ricomincio a stento", probabilmente già adatte anche ad un airplay radiofonico. Ora la parola passa al pubblico: le qualità, come detto, ci sono, eccome. (Andrea Rossi)