recensioni dischi
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DEPECHE MODE  "Songs of faith and devotion"
   (1993 )

Mai nessun album nella storia di un gruppo ha così diviso il pubblico, specie quello più devoto agli artisti. C’è chi ha scritto “di colpo i DM misero il naso fuori casa e si accorsero che stava passando il grunge”, per far capire di cosa si tratta. Come se ci fosse solo una presa libera nello studio, e la nuova voglia chitarristica fece sacrificare una tastiera, mentre Martin Gore si atteggiava a rockstar impolverata, e Dave Gahan riappariva al mondo con bulbo lungo, tatuaggi ovunque e una tossicodipendenza nemmeno tanto nascosta. Come se avesse voluto impersonificare, con annessi e connessi, il ruolo di rocker maledetto, in somiglianza ad un Kurt Cobain che sembrava, musicalmente parlando, lontano dai Depeche Mode come la Bellucci dal talamo dello scrivente. SOFAD non è, sia chiaro, un disco grunge, perché l’elettronica restava comunque in bella mostra, tra una “Walking in my shoes” e una “Higher love”, ma le scosse telluriche c’erano eccome. E il successo spiazzò tutti: gli affezionati dei dischi precedenti, che ascoltavano forse senza capire bene cosa stesse capitando – ma capaci di accettare le novità dei propri beniamini – ma soprattutto i protagonisti. “Condemnation” era un gospel, roba aliena per chi solo un lustro prima faceva ben altro, e la voce di Gahan sembrava perfetta, nella sua sofferenza, a questa nuova roba. “Allora drogarmi fa bene, canto meglio”, pensò scelleratamente il soggetto, e attorno a lui si cominciava a scommettere su quando l’angelo della morte avrebbe richiesto il suo tributo. Tanto che, girando il video di “In your room”, molti ebbero l’idea di essere all’episodio finale. Lo pensava anche lui, forse, tentando il suicidio nel 1995 e andando in overdose nel 1996, quasi a volersi immedesimare in tutto e per tutto al protagonista della musica che andava professando. Insomma: quando un disco, pur di successo, sembrò quasi fare del male fisico a chi lo aveva inciso. Sebbene arrivassero numeri uno da tutte le parti – perfino a casa loro! – e applausi da una parte della critica. D’altra parte, se non vi era piaciuto, Gahan stava facendo di tutto per renderlo un’opera quasi postuma. (Enrico Faggiano)