recensioni dischi
   torna all'elenco


PJ HARVEY  "White chalk"
   (2007 )

Devo ammetterlo, conosco poco della discografia di PJ Harvey. Forse, in tale modo potrò essere assolutamente “professionale” nel recensire 'White Chalk'. Il decimo album della cantautrice britannica mi piace, mi piace tantissimo. Freddo, leggero, triste e nostalgico. La voce di Polly accarezza le anime degli strumenti, appoggiandosi lievemente, quasi avesse paura di disturbare con quella voce celestiale. Ascoltandola, forse, Dio esiste. La batteria, o meglio gli elementi percussivi dell'opera, sono al top delle aspettative di un qualsiasi batterista attento alla musica. Si odono echi di marce appena accennate con le spazzole, classici ostinati da accompagnamento, i quali non fanno altro che seguire il brano in tutti gli acciacchi del pianoforte. Già... “non fanno altro” che l'essenziale. Il pianoforte è aggressivo e frustrante allo stesso tempo. Le doti dell'artista allo strumento mancano, ma non ricadono sulla bellezza della tracklist. In 'Broken Harp' bisogna avere alla portata di mano i fazzoletti. E' bello piangere, su queste note. In 'The Mountain', mio brano preferito, ci sono dei brevi accenni di arpa e banjo, suonati, concedetemi il paragone, alla Metheny. Per questo album, l'alternative rock per la quale è conosciuta è stato messo da parte e il suo cantato è al di sopra almeno di una ottava, usando una sorta di falsetto. I testi sono cupi, ma non oscuri. Ricordano dei paesaggi aspri e notturni. Il mood del suo animo intricato, emerge egregiamente al di sopra delle righe del pentagramma. Tra i suoi musicisti figura, come consuetudine, John Parish alla batteria, seconda voce, basso, banjo, chitarra acustica, percussioni e... bicchieri di cristallo! Ho avuto l'occasione di vedere un grande musicista classico a Praga, il quale li usava per suonare Vivaldi. Posso dire che Parish si è avvicinato molto. Quasi sicuramente, 'White Chalk' non entrerà nelle classifiche italiane, perlomeno nelle prime dieci posizioni. Meno male, è la conferma che questo album non è trash. (Dr.Matteo Preabianca)