recensioni dischi
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MARK OLSON  "The salvation blues"
   (2007 )

C'erano una volta gli ottimi Jayhawks, band country-rock di Minneapolis che ha scritto pagine di storia musicale ancor oggi validissime. Ad oltre vent'anni di distanza (il primo album fu inciso per la Bunkhouse nel 1986), il loro sound è ancora assolutamente originale, per nulla datato. L'anima della band era l'ispirato cantautore Mark Olson, ed il tutto proseguì per 10 anni, dal momento che "Sound of lies" (edito dalla American nel 1997), pur recando ancora il nome Jayhawks in copertina, è in pratica un disco ascrivibile in toto al "viceleader" Gary Louris: Olson se n'era infatti andato. Da lì ha avuto inizio la seconda vita (artistica e non solo) di Mark, che ora viene sublimata nell'ottimo “The Salvation Blues”, uscito a 5 anni dal precedente “December’s Child” (nel mezzo due album con i Creekdippers), e che si rivela decisamente come uno dei lavori più ispirati e coinvolgenti di tutto il 2007. La gioia portata dall'ascolto di un disco autentico, verace ed appassionante come questo, viene inoltre accentuata dalla quasi "italianità" dell'autore: attraverso la salvifica intercessione del suo violinista, l'ottimo Michele Gazich (che lo paragona addirittura a Jean Paul Sartre), Olson è ormai tricolore d'adozione, e questo è un vanto che la nostra musica deve sfoggiare come una medaglia ottenuta sul campo. “Keith” (composta per il padre morto suicida) è un'autentico gioiello, “Tears from above” (con la doppia voce di Cindy Wasserman) non può che strappare apprezzamenti, splendida è anche "Sandy Denny" (omaggio alla vocalist dei Fairport Convention scomparsa nel '78, protagonista anche in "Battle of Evermore" dei Led Zeppelin), ma è il livello dell'intero disco (comprese le due bonus tracks “Copper coin" e "Your time will come") a suscitare grande ammirazione. Olson non vuole spostare il mondo, non vuole fare la guerra a nessuno: con pacatezza, ma con non trascurabile convinzione, persegue la sua strada in compagnia delle note più suadenti del rock, del country e del blues con percezioni perfette, con intuizioni precise e con gusto d'ammaliatore da grandissimo artista. La gestazione del disco, come detto lunga ben 5 anni, non ha davvero voluto e preteso fretta: Olson ha scritto canzoni e si è appuntato idee, incidendo demo e registrando parti di chitarra, ad Oslo come a Cracovia, ed ovviamente nella sua Minneapolis. Nell’arco di otto mesi sono così nati una ventina di brani, e tra questi Mark ne ha selezionati undici (13 nell’edizione europea del cd grazie alle due succitate bonus tracks): “My one book philosophy”, e proprio le due "aggiunte" europee, sono rimasti nelle scarne ma suggestive versioni dei demo, in questi 3 casi incisi a Oslo. Davvero curata e notevole anche la veste grafica dell'opera, che presenta il cd come un libro, con quindici pagine dedicate ai testi dei brani ed a suggestive foto. Un vero piacere, insomma, per orecchie ed anche occhi, questo disco di Mark Olson. A meno che non preferiate rumori e distorsioni. In tal caso, scivolate pure via. Peggio per voi. (Andrea Rossi)