recensioni dischi
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BRUNO LAUZI & INTERPRETI VARI  "Bruno Lauzi & Il Club Tenco"
   (2008 )

Difficile incasellare Bruno Lauzi. Il suo libero (e liberale) pensare, la sua tempra, la sua ironia e autoironia. Il suo essere outsider curioso, il suo essere furbo senza furbate. Difficile incasellare il suo vagare per la musica, quella sua storia artistica, che - come aveva detto lui stesso - è cominciata con Luigi Tenco ed è finita con il Premio Tenco. In mezzo Lauzi ha percorso molti dei sentieri che collegano il paese delle parole e quello della musica. È andato avanti e indietro dalla canzone d’autore in senso stretto alla musica leggera in senso ampio, dalla scuola francese a quella brasiliana, dalla song americana classica al jazz, dalle canzoni per bambini al cabaret. Difficile incasellare Bruno Lauzi. Era cantautore, sì, ma scomponibile, ovvero anche solo cantante (da Lucio Battisti a Paolo Conte) e anche solo autore (da Mia Martini a Ornella Vanoni) o traduttore ("Lo straniero" di George Moustaki e mille altre). Difficile incasellare Bruno Lauzi. Ma stavolta ci si è riusciti, o si è riusciti perlomeno a documentare interamente una parte, particolarmente bella ed emblematica, del suo percorso. Quella del suo rapporto con il Club Tenco, per anni difficile e diffidente e poi, con il nuovo secolo, di grande affetto reciproco, fino al 2006, quando gli è stato assegnato il "Premio Tenco" e la "Rassegna della canzone d’autore" è stata tutta per lui. È tutto in questi due cd, speculari sin dai titoli. Il primo, "Bruno Lauzi al Premio Tenco", raccoglie in ordine tutte le sue esibizioni alla Rassegna, versioni inedite e uniche. L’altro, "Il Club Tenco a Bruno Lauzi", documenta proprio le esecuzioni del "Tenco" 2006 in cui in cui un bel po’ di artisti delle nuove generazioni (più Gino Paoli) hanno corteggiato e conquistato le canzoni del piccolo grande uomo. Il primo cd parte dalla prima volta di Lauzi al "Tenco". È nel ’77, quarta edizione della Rassegna, dedicata a Brel, che Lauzi omaggia con la sua traduzione della caustica "Ces gens-là" ("Che bella gente"). Ma canta anche le sue canzoni: due vecchie, "Gli acrobati" e "Il poeta" che in quell’occasione dedica a Tenco, e una manciata di nuove, del suo disco più recente, "Persone", ovvero la "Wanda" di Paolo Conte, l’autoritratto di "Navigatore solitario", la favoletta di "Il dubbio e la certezza" e "Io canterò politico", quella che dice "Io canterò politico quando voi starete zitti / e tutti i vostri slogan saranno ormai sconfitti" e che fatta al Tenco in quegli anni assumeva un significato particolarmente provocatorio. Lauzi torna solo nel 2001, per partecipare al tributo a Sergio Endrigo, di cui interpreta "La rosa bianca" e "Via Broletto 34". E da qui il suo rapporto con il "Tenco" si fa stretto. È ospite in molte delle rassegne che il Club cura in tutta Italia e nel 2002 di nuovo in quella principale di Sanremo dove distilla "L’ufficio in riva al mare", "Canzone per l’America", "Le bigotte" (di Brel), l’allora inedita "Ho incontrato Dio sulla spiaggia di Rio" ed "Il poeta", che così apre e chiude questo cd in due versioni diverse e lontane di quasi tre decenni, sorta di simbolo di Lauzi e più in generale di quella canzone che negli anni Sessanta ha cambiato il modo di far canzone in Italia. Doveva ovviamente poi esserci anche nel 2006 a Sanremo, Lauzi, alla sua festa, ma – anticonformista per l’ultima volta – se n’è andato qualche settimana prima. Il tributo ovviamente c’è stato lo stesso ed è testimoniato dal secondo cd, in cui l’eterogeneità stilistica di Lauzi viene fuori nitidamente. Ci sono naturalmente i grandi classici come "Il poeta" (affidata al figlio di Bruno, Maurizio, che offre una versione di forte intensità emotiva) e quel gran bolero di "Ritornerai" (riletta con amore da Morgan), il brano che aveva convinto Lauzi a fare il mestiere del cantante e autore. E ci sono pezzi meno noti, come "L’altra" (resa da un attento Simone Cristicchi), "La donna del sud" (da un avvolgente Maler), "Viva la libertà" (ritmata da un Vinicio Capossela americaneggiante) e "Arrivano i cinesi" (spogliata e poco rivestita da Petra Magoni e Ferruccio Spinetti). C’è il gioiello di "Io e il mare" scritto con e per Umberto Bindi e qui visto con la lente spiazzante, inquieta, dei Lomè, ci sono i brani in cui il genovese vira verso il portoghese di Brasile ("O frigideiro", il suo esordio del ’62 messo a soqquadro da Bugo, e "O scioco", cantato dell’impeccabile Gino Paoli). C’è uno dei due brani che Lauzi aveva dedicato a Paolo Conte ("Diano Marina" nella vispa versione dei Quintorigo), ci sono frutti della maturità come "L’ufficio in riva al mare" (interpretata con classe da Patrizia Laquidara) e le canzoni per bambini come "Al pranzo di gala di Babbo Natale" (giocata da uno screanzato Caparezza), "Il leprotto Zip" (da un jazzato Maurizio Ponziani) e l’immarcescibile "La tartaruga" (da una popolana Lucilla Galeazzi). E poi due chicche finali: "Almeno tu nell’universo", che Mia Martini aveva cantato al Tenco dell’89 dopo aver vinto nello stesso anno il Premio della critica nell’altro Festival che si svolge a Sanremo, ed una poesia di Bruno, "Autunno", letta da Ellade Bandini alla "Rassegna" del 2006. In tutto trenta tracce per ricordare quella vena melodica, dolce e amara, quel tratto realistico nei testi, quella voce sottile e screziata, che riconosci fra mille. Due cd che vanno ad aggiungersi alla prestigiosa collana di Ala Bianca "I Dischi del Club Tenco". Nella sua autobiografia "Tanto domani mi sveglio", presentata proprio al "Tenco" 2006, Lauzi salutava con due parole: "Buon proseguimento". Questi due cd lo sono indubbiamente, un buon proseguimento.