recensioni dischi
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GIORGIO MAGGIORE  "I colori che cambiano"
   (2006 )

Vi abbiamo già parlato, qualche tempo fa, di Giorgio Maggiore: dell'istintiva simpatia che era impossibile non provare per lui e per la sua proposta, nonostante si trattasse di musica cupa e dark, stile anni '80, Cure, Joy Division, Diaframma, Bauhaus e compagnia bella. Vi raccontavamo del suo costruire la propria musica in maniera totalmente autarchica, ideando, componendo, realizzando, arrangiando e suonando in assoluta solitudine le proprie canzoni, con il solo ausilio di un classicissimo registratore multitraccia Fostex VF160. Per questo nuovo lavoro non è cambiata una virgola. Nel senso che la proposta è, ancora una volta, totalmente autoprodotta e, soprattutto, autorealizzata. Ma, contro tutte le leggi della musica, anche stavolta Giorgio Maggiore vince. Anche in questa nuova occasione i brani sono compiuti e rotondi, ben composti, ben suonati e ben arrangiati. Se domani Maggiore dicesse a tutti che queste canzoni sono state registrate in 4 mesi di lavoro in sala, con l'ausilio di una decina di validi session man, nessuno sospetterebbe niente. Non è poco, ne convenite? Rispetto al precedente lavoro "Oasi di cemento", c'è stato poi un ulteriore lavoro di paziente limatura a livello testuale, con alcuni picchi davvero notevoli. "Cerchi un mondo che non c’è, sei insaziabile, insegui un sogno fragile: cerchi un mondo che non c’è, sei insaziabile, afferri un sogno labile..." (da "Insaziabile"). Chi non ha mai provato questa sensazione di incompiutezza, di inarrivabilità rispetto ai nostri sogni ed alle nostre aspettative? O ancora: "Dimmi come fai a non sentirti male, sei immobile, ormai c’è tutto da accettare: spazi vuoti che qualcuno ha già acquistato, tempi morti che qualcuno ha già riempito…" (da "Un mondo di plastica"). Anche in questo caso è impossibile non riconoscersi in queste pulsioni, in queste pessimistiche dissertazioni sul mondo moderno. Non c'è, qui, grande ottimismo, questo va detto. Ma il mondo va così. O no? Giorgio Maggiore è, quindi, solo un attento osservatore della nostra realtà. E, infine, quale musica potrebbe accompagnare meglio questi concetti rispetto a questa sorta di dark wave anni '80? Nessuna, sarete d'accordo con me. O meglio, sarete d'accordo con lui. (Andrea Rossi)