recensioni dischi
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ARCADIA  "So red the rose"
   (1985 )

Strozzati dal clamoroso successo, idolatrati al punto che potevano mettere all’asta le lenzuola ove dormivano come capitava ai Fab Four 20 anni prima, i Duran saltarono per aria. Iniziarono John e Andy, prendendo a noleggio Tony Thompson degli Chic e Robert Palmer per l’operazione Power Station; per non essere da meno, i tre rimasti fecero una cosa simile. Si colorarono i capelli di nero, tanto per far capire che NON erano i DD, e si diedero una immagine meno glamour, quasi con tonalità dark. Nessun problema: erano giorni in cui, come detto, se Simon Le Bon si fosse iscritto a Miss Italia, probabilmente avrebbe vinto, e l’album furoreggiò a prescindere. Non era male, però, perché le collaborazioni erano quasi incredibili, visto che Simon e compagni non erano proprio visti come eroi dai propri colleghi (specie dopo una serie di stonate al Live Aid): Sting e David Gilmour, ad esempio, resero “The promise” un piccolo capolavoro. E tutto l’album viveva in un piacevole limbo di malinconia e intensità, da “El diablo” a “Rose arcana”: certo, episodi sfacciatamente duraniani (“Goodbye is forever” poteva stare tranquillamente in “Seven and the ragged tiger”, ad esempio) ce n’erano, ma questo lo si poteva ascoltare senza problemi, e senza essere per forza una di quelle quindicenni che sarebbe scappata di casa pur di vedere Saaaaaimon a Sanremo. (Enrico Faggiano)