recensioni dischi
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THE CURE  "Lost wishes"
   (1993 )

E’ vero che, nel corso degli anni, le uscite discografiche ufficiali dei Cure si sono fortemente rarefatte, tanto che, dopo “Disintegration” (datato 1989), si è viaggiato ad un nuovo lavoro ogni 4 anni, in media: 1992, 1996, 2000, 2004, 2008. Ma, con tutta la roba che Robert Smith ha mandato alle stampe, senza poi mandare il tutto anche in vendita, ci si potrebbe sfamare l’intera carriera di tanta, tanta gente. Lavoro per i collezionisti, ma anche per far impazzire chi vorrebbe stare dietro a tutto ciò. Niente di strano, quindi, quando a fine 1993 venne messa a disposizione dei fans, solo via posta – nel senso esatto del termine: mandare bollettino a casa discografica, ricevere cassetta – un breve lavoretto di quattro pezzi (“Uyea sound”, “Cloudberry”, “Off to sleep”, “The three sisters”) strumentali, che già dal titolo del minialbum facevano capire di essere registrazioni tratte da “Wish” che non erano state però selezionate o, semplicemente, su cui non erano stati posti dei testi. Infatti, proprio il sound di “Wish” viene qui riproposto, senza se e senza ma: una breve cavalcata di chitarre e tastiere, dove il tocco dei Cure era facile da scoprire per tutti i fans, pur senza la storica voce di Robertino a ulularci sopra. “Lost wishes” sta alla musica dei Cure come le Canarie ad Atlantide: ovvero, quanto venuto alla luce di un misterioso enigma mai risolto. Esisteva davvero il regno del mare? Ed è mai davvero esistito il famoso album strumentale che, da 25 anni, si racconta debba uscire, così come l’ancor più fantomatico lavoro solista di Smith? Ai posteri l’ardua sentenza; per adesso, godetevi questo minidisco, pezzo per cui i collezionisti farebbero follie (come detto, mai uscito sul mercato), e che nemmeno su “Join the dots”, la monumentale raccolta di brani mai usciti nella discografia ufficiale, trovarono ostello. Tanto per perderci la testa, una volta di più. (Enrico Faggiano)