recensioni dischi
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MODERN TALKING  "Year of the dragon (The 9th album)"
   (2000 )

Andare a recensire ogni singolo lavoro dei Modern Talking, ragazzi miei, non è roba facile. Perché si tratta di quei giochi da Settimana Enigmistica, con le due vignette messe una accanto all’altra e il titolo “trova le differenze”. Al terzo lavoro (secondo di soli inediti) dalla reunion, il duo continua pari pari nella formula che aveva fatto le fortune del precedente “Alone”, facendo felici i fedelissimi fans della prima ora ma, inevitabilmente, facendo molta fatica ad avvicinarne di nuovi. Si ripete la discreta collaborazione con il rapper Eric Singleton, che peraltro rende “China in her eyes” uguale alle altre cose da lui rappate (“You are not alone” e “Sexy sexy lover” dell’album precedente), ma vivacizza se non altro la traccia; si ripete la continua tiritera del due ritmate – una lenta – due ritmate – una lenta che rende facile, alla lettura della tracklist, capire se la traccia numero 12, ad esempio, sarà lenta o veloce. Si ripete poi il continuo rubacchiare di qua e di là (“Fly to the moon” che già fu titolo, quasi uguale, di Frank Sinatra, ad esempio), ci sono rare concessioni di Dieter Bohlen alle capacità compositive di Thomas Anders, ci sono addirittura due bonus track non comprese su cassetta. Ci sono autocitazioni, come “Avec toi” che non è altro che la “Rouge et noir” dell’anno prima con diverso titolo. Ma, udite udite, c’è anche qualcosa di nuovo: “No face no name no number” (era titolo di una canzone dei Traffic, per intenderci) apre clamorosamente alle chitarre ispaniche, e rompe con il resto del disco. Sia chiaro: non stiamo parlando di un capolavoro – per dire, potrebbe ricordare certe bailade flamencofile di Gigi D’Alessio – ma dal duo tedesco sembra quasi una succosa sorpresa. I fans apprezzarono, mentre Thomas e Dieter, come sempre, passarono alla cassa. (Enrico Faggiano)