recensioni dischi
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A-HA  "Stay on these roads"
   (1988 )

Periferici rispetto alla British Invasion che aveva dominato le classifiche e i muri delle camere adolescenziali nella metà degli anni '80, gli A-Ha continuavano a riscuotere successi benchè poco avessero da spartire con i Duran e gli Spands, o agli Wham!, per intenderci. Ma erano belli, belli davvero, e questo faceva vender dischi e poster rendendoli, però, anche invisi alla critica: roba da quindicenni, commerciale, biodegradabile e poco altro, si diceva. D'altra parte, loro vendevano, e tanto: magari non più oltre oceano, ma nel Vecchio Continente non c'era luogo, da Oslo in giù, dove loro non fossero amati. Li amava anche James Bond, che commissionò loro una "The living daylights", colonna sonora dello 007 dell'estate 1987, e li amava la gente che, per la prima volta, si trovò di fronte ad un primo singolo da nuovo album che, stavolta, apriva le porte alla vena più soft del trio norvegese. "Stay on these roads" era una scommessa: far capire che, sotto i tratti somatici che facevano impazzire gli ormoni femminei, c'era anche una vena artistica che non meritava di essere appaiata ai tanti prodotti stereotipati in giro all'epoca, spesso adatti all'usa e getta ma poco altro. E che, soprattutto, non andava catalogata come una moda stagionale: le ragazze infilavano le foto del trio nel diario dell'anno scolastico 86-87, e all'apertura del nuovo anno, con nuovo diario, nuovi idoli che sostutuivano quelli precedenti. Lo si poteva fare con Nick Kamen, magari, che oltre ai boxer ed alla produzione di Madonna poco altro aveva: ma gli A-Ha, forse, andavano un po' più studiati. Sarebbero stati poi rivalutati negli anni: all'epoca, forse a causa del cambio di stagione, con questo disco iniziarono a perdere colpi, a prescindere dal reale valore del prodotto. Non era più il ghiaccio di una volta. (Enrico Faggiano)