recensioni dischi
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DR.DOG  "Fate"
   (2008 )

Cosa si può pensare di una band i cui componenti si fanno chiamare Taxi, Tables, Text, Trouble e Thanks? Che hanno una vera ossessione per la lettera “T”, innanzitutto. E se sapeste che un ex-membro si faceva chiamare Lawyer ed ha abbandonato la musica per fare l’avvocato a tempo pieno? Sicuramente il gusto per i giochi di parole non manca a questo quintetto, il cui ultimo album, ''Fate'' (dichiaratamente ispirato all’opera di Giuseppe Verdi “La forza del destino”), ha esordito al numero 86 nelle charts statunitensi. La band ha iniziato nel 2002 incidendo il proprio materiale con registrazioni casalinghe a bassa fedeltà ma già nel 2004 l’album ''Easy Beat'' catapultò il gruppo verso il successo prima in patria (Philadelphia – Pennsylvania - Stati Uniti) e poi in Europa. La maggiore attenzione che via via la band stava ottenendo, diede l'impulso a migliorare ulteriormente e a crescere sia dal punto di vista del lavoro in studio, sia per quanto riguardava la situazione live. I frutti furono raccolti prima con l’EP ''Takers and Lovers'' poi con l’apprezzato album ''We All Belong''. Oggi, lo studio è luogo di improvvisazione e di preparazione, e la strumentazione si è notevolmente allargata e fatta più complessa. La caratteristica fondamentale dei cinque Dr.Dog sta nell'immersione totale in un sound che non si limita soltanto a replicare le forme pop dei sessanta, bensì ad ampliarle e svilupparle, usando la transizione tecnologica con squisita nostalgia; gli undici brani di ''Fate'' (da ''Army Of Ancients'' a ''The Ark'' fino alla conclusiva ''My Friend''), da questo punto di vista, sono come ritratti in continuo movimento, statue parlanti, opere vive che possono trasformare quaranta minuti di vita in piccole esperienze imprevedibili e del tutto piacevoli. ''Fate'' è il prezioso tocco finale nella discografia di questa promettente band: ricco di richiami magici al soul e alle splendide ballate folk-pop tanto sofferte quanto romantiche, il quinto disco lega magicamente la miglior tradizione bluesy americana con una produzione moderna e fresca. Il richiamo al passato è talmente evidente e compiuto, che non servirebbe nemmeno fare i nomi. Anche perché quei nomi sono davvero ingombranti: Beach Boys e Tom Waits, Neil Young ed i Pavement, David Bowie e Palace Brothers. Queste prerogative fanno di ''Fate'' uno disco da non perdere…