recensioni dischi
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RODOLFO MONTUORO  "Orfeo"
   (2009 )

Nel suo album “A_Vision” (2006) aveva disegnato un’indimenticabile silhouette di Ulisse. In “Hannibal. Mythologies I” (2008) ci ha confidato chi ancora potrebbe essere Hannibal Lecter, con le sue maschere seducenti e le sue istigazioni alla metamorfosi. Adesso Rodolfo Montuoro dedica il sequel delle sue narrazioni-rock all’affascinante figura di Orfeo, in un minialbum che esce solo in formato digitale. “Orfeo” (l’e.p. che contiene i brani “Orfeo”, “La svolta” e “Giorni messicani”) è il primo capitolo di un progetto che si intitola “Nacht”: undici pezzi dedicati alle mitologie della notte che escono online, a puntate di tre o quattro brani, ogni quattro mesi, a cura di Believe, la label francese attualmente leader in Europa per la distribuzione digitale. Alla fine, tutti i brani online confluiranno, insieme a quattro inediti, nel cd distribuito da Egea (questa volta “fisicamente”) in tutti i negozi. Orfeo, nel mito, rappresenta il potere del canto e della parola che si incarna nella poesia e nella musica. Per la sua destrezza in queste arti, egli seduce e incanta tutte le creature. Ma, a un certo punto, talenti e poteri non gli servono più a niente. Euridice, la sua promessa sposa, muore il giorno prima delle nozze. Orfeo non si rassegna e scende nell’Ade. Vuole farla rivivere e riesce a convincere col suo canto le divinità infernali che gli impongono una condizione: mentre la porta con sé dagli inferi alla luce del sole, non dovrà mai voltarsi a guardarla. Orfeo non resiste. Preso dalla paura di lasciarsela ancora sfuggire e da un desiderio invincibile di baciarla, si volge verso di lei e la perde per sempre. D’ora in poi la sua sventura non avrà mai fine. Si isola da tutti, ossessionato dalla memoria di Euridice. Alla fine, diventa preda delle sacerdotesse di Dioniso che lo inseguono e lo fanno a pezzi, inbestialite dalla sua ossessione e dalla sua indifferenza. Le parti del suo corpo rotolano alla rinfusa sulle acque del fiume. Ma la testa mozza di Orfeo, mentre galleggia tra i flutti, continua a intonare una canzone disperata e bellissima. Orfeo è uno che ha tutto e perde tutto. La sua è una notte perenne, senza scampo e senza simboli. Forse perché resta prigioniero della mancanza e del ricordo. Forse perché non ce la fa a inventarsi un’altra vita. O perché ha rovesciato gli ordini naturali. Oppure perché non sa morire per amore. O per tutte queste cose insieme. Con i tre pezzi di questo mini-album, Rodolfo Montuoro fissa alla sua maniera spiazzante e poetica tre momenti, tre tessere di una storia labirintica, colti nell’attimo esatto in cui interferiscono con la sua immaginazione. Qui Rodolfo invoca la discesa agli inferi, entra ed esce continuamente dalla sfera del gotico, sempre rasente l’ombra, sempre su una soglia pericolosa che sta per sprofondare. Un album sublime, in cui lampeggiano colori, atmosfere e strumenti insoliti, come il theremin, suonato in modo esatto ed emozionante da Vincenzo Vasi. Questo strumento si adatta perfettamente al grado vertiginoso e sulfureo di inquietudine che ribolle in tutti i brani. Trasmette subito l’impressione di un passaggio continuo tra piani e livelli sonori diversi. Le percussioni incalzanti, le melodie suggestive degli archi e del sax e gli sfrontati accenti rock delle chitarre trovano nel theremin un veicolo che li amplifica, li assorbe, li esalta e crea profondità attorno a essi, intrecciandosi naturalmente a una voce toccante e fuori dal comune. Non tradiscono poi le coloriture ormai inconfondibili ed elegantissime che Giuseppe e Gennaro Scarpato, anche in questa occasione, hanno saputo costruire con i loro strumenti. Da non dimenticare l’artwork sempre potente e visionaria di Francesco Marangon e la presenza perfetta degli altri magnifici musicisti come Naomi Berrill (al violoncello), Ilaria Lanzoni (al violino), Alessandro Gandola (al sax), Francesco Gabbanini (al basso e allo stick) ed Emiliano Garofoli (al mix).