recensioni dischi
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ESPERS  "Espers"
   (2004 )

La prima opera degli Espers è come il vento. Porta con se un’intensità commovente, una partecipazione emotiva fuori dal comune e una densità sonora quasi inspiegabile. Canzoni come “Flowery Noontide” sono quanto di più simile al canto di mille fate del bosco; un ipnosi assoluta, accompagnata da una chitarra semplice. Magia che si diffonde nella mente come petali di un fiore che viaggiano nell’aria. “Meadow” è un incantesimo mistico, eseguito con massima fermezza ed intensità, una melodia incantatrice disegna i solchi in cui viaggia la mente; dream pop elfico del futuro. “Riding” mantiene intatta la magia, pur trovando spazio per una chitarra elettrica dai suoni estremamente dilatati. Un intreccio magico di elettricità e morbidezza; incantevole. Dopo il trittico iniziale davvero superbo, arriva “Voices” a farci tirare il fiato; una ballata tenebrosa più convenzionale, comunque incantevole, prima della struggente “Hearts & Daggers”. Un vertiginoso duetto tra voce maschile e femminile; atmosfera sulfurea che si amalgama improvvisamente alle chitarre stridenti che nel finale deflagrano in un caos sublime. Una metamorfosi paradisiaca, come vedere nascere una farfalla. Non sarà l’ultima volta in questo disco che la purezza magica delle melodie si contamini con la ruggine elettrica delle chitarre; una trovata sublime. La magia psichedelica non fa altro che accentuarsi nell’ipnosi di “Byss & Abyss”, ricamata con un flauto che fa da controparte al canto angoscioso. Da qui si parte poi per un viaggio attraverso i colori della fantasia e magie medievali dai toni fiabeschi. La tenue ballata “Daughter” è l’esaltazione della psichedelica folk degli Espers, fatta con una semplicità disarmante e capace di catturare i nostri pensieri in un attimo. I sei minuti della finale “Travel Mountains” si avvicinano più alle messe profane dei Pink Floyd che al folk; qui gli Espers tracciano una nuova via nel dream pop; diciamo anche che lo sporcano, lo macchiano con una trance totale di suoni, dando vita ad una delle tracce più riuscite del disco ed un manifesto del nuovo corso della musica psichedelica. Pathos alle stelle, un dolce folk che si de struttura lentamente, attraverso eco spettrali che si susseguono, la chitarra distorta che si snoda tra i suoni dolci e li sconquassa fino a trasformarli del tutto. “Espers I” possiede una magia straripante; la semplicità delle ballate folk rimane intatta e si arricchisce di sonorità assolutamente inaspettate. La psichedelica si insinua in ognuna di queste visioni lunari. Un’opera ricca di spunti interessanti ed estremamente affascinanti. (Fabio Busi)