recensioni dischi
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DEPECHE MODE  "Sounds of the universe"
   (2009 )

Ci sarebbe da avvicinarsi a loro con la giusta deferenza e riverenza, perché tra una cosa e l’altra, questi tre ragazzotti sono in giro da quasi 30 anni, e sono il classico caso di “all’inferno e ritorno”. Ormai più vicini ai 50 che non ai 40 anni, passati momenti di drammi personali, autodistruzioni e quant’altro per rendere noir la loro favola pop, i DM potrebbero tranquillamente sedersi sui propri allori, ben sapendo che ogni disco nuovo, e ogni tournée, sembra più che altro un modo per autoconvincersi “posso tornare a suonare senza poi per forza finire in re-hab”. Anche perché le carriere soliste di Gahan e Gore, anche lontane dalle classifiche, stanno cercando di vivere di autonomia rispetto alla storica sigla. Ma evidentemente, ogni 4 anni, la voglia di tornare fragorosamente in vita c’è, e su questa scia ecco come “Sounds of the universe” diventa motivo per ricordarsi di loro. Che ormai non sono più quelli cupi di “Music for the masses”, né quelli pseudogrunge di “Songs of faith and devotion”, ma un tentativo di mischiare le due cose, riattaccando i sintetizzatori alla corrente, senza dimenticare però certe crudezze chitarristiche. La cosa che più si nota è la perdita di un senso ritmico – quello di “Enjoy the silence”, per intenderci, senza dover tornare per forza ai tempi più dance – per dare più spazio ad una continua e minuziosa ricerca del gioco sonoro, del balletto elettrorock, del grido alla vita attraverso la loro musica. Dando ancora spazio alla scrittura di Dave Gahan, i nuovi DM cercano di evitare la melassa di passaggi assonnati come furono “Ultra” ed “Exciter”, ricordandosi di come possono ancora scuotere le masse: si passa dal singolo “Wrong” per arrivare a “In chains” e “Miles away”, principali oggetti di amore live, si potrà presumere. Ma c’è anche tanto altro, per una sigla che oggi, forse, ha solo il difetto di una produzione troppo saltuaria per fideizzare le nuove leve e dare continuità alla loro sigla. Ma, anche a voler restare un simpatico ricordo vintage, va bene lo stesso. Per gli amanti, poi, le deluxe edition offrono sia remix dei pezzi dell’album, ma soprattutto qualche interessante inedito, tra cui “Oh well”. E, se ancora avete fame, un altro cd di vecchi demo, con svariati vecchi brani in versioni dove al microfono c’è Martin Gore e non Dave Gahan. Usciranno ogni 4 anni, ma quando lo fanno lo fanno con stile e abbondanza. (Enrico Faggiano)