recensioni dischi
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ROOTS CONNECTION  "Animystic"
   (2009 )

La storia dei Roots Connection non può che iniziare da una fine. Enrico Micheletti, voce, corde e anima del gruppo è scomparso il 4 dicembre 2008. Le sue ceneri sparse nel Mar Tirreno, le sue ultime note, le sue definitive parole affidate ad un ultimo toccante album, questo “Animystic”. I suoi 57 anni Enrico li ha spesi tutti su assoli, scale, armonie e riff tesi al raggiungimento dell'essenziale, a creare un unico primordiale suono. Anni in cui mai si è placata la voglia di sperimentare, di conoscere le possibilità timbriche ed espressive della chitarra dobro e del sitar. Anni in cui la voce si è incattivita su oscurità blues o si è addolcita su ballads. Una vita randagia, quella di Enrico, tra la natia Bolzano e poi l’Europa, il Canada, gli Stati Uniti, l’India, sempre e comunque insieme all'inseparabile chitarra, compagna di esperienze non tutte indolori. In mezzo tanti progetti, tante storie musicali, tra cui la Hard Time Blues Band, gruppo che ha infuocato i palchi tra gli anni '70 ed '80 tributandogli riconoscimenti e pubblico. Una serie di collaborazioni infinite con nomi storici del rock e della roots music: Memphis Slim, Herbie Man, Rory Gallagher, fino ai duetti con John Lee Hooker e Champion Jack Dupree. I Roots Connection nascono in patria nel 2000, in un piccolo locale di Reggio Emilia dove Enrico incontra Fabio Ferraboschi e Fabrizio Tavernelli, due musicisti dalle esperienze molteplici, ma accomunati a Enrico dall’amore per le radici della musica nera (da cui il nome della band), il blues appunto, quello del Delta. I tre musicisti trovano una strada personale nell’approccio agli amati standard di Willie Dixon, Leadbelly, Robert Johnson, ritrattandoli e processandoli con le nuove tecniche digitali, con i sequencer e i sintetizzatori. Nasce così il primo album “Roots Connection”, pubblicato nel 2002 su Baracca&Burattini/Edel. Poi tanti concerti, la dimensione dove l’electro-delta-blues dei Roots Connection trova il suo compimento ideale. Tra le tante soddisfazioni, il premio come migliore colonna sonora al Nonantola Film Festival nel 2008, purtroppo uno degli ultimi episodi della band prima della scomparsa di Enrico. Come ogni soundtrack che si rispetti, arriva sui titoli di coda la musica che deve rimanere impressa nella memoria e collegare ad una sequenza di accordi, ad un tema musicale un ricordo, un’immagine, una storia. “Animystic”, ultima testimonianza su disco di Enrico “Mad Dog” Micheletti, assolve perfettamente a questo compito. Il titolo dell’album nasce dalla fusione di due parole: animismo e mistico. Due definizioni, due suggestioni che ne ispirano il suono e l’immaginario. Le religioni animiste primitive vedono in tutte le cose, viventi ed inanimate, la presenza di uno spirito divino. Ovunque è un manifestarsi di una forza superiore all’uomo. Da questa essenza si evolvono le religioni. La stessa essenza da cui si sviluppano le musiche e le parole “spirituali”: Blues, Soul, Jazz, Raga, Gospel. La stessa passione che si trova nelle canzoni di devozione. L’animo umano che si esprime in bilico tra caduta ed elevazione, gioia e sofferenza. E’ la danza della trasformazione, come le credenze primordiali nascoste dietro alla religione dei conquistatori, unica strategia di sopravvivenza nel tempo per i popoli colonizzati. Un mimetismo che ha dato vita a rigogliose contaminazioni sonore. Così questo nuovo episodio si apre ad altre influenze, prosegue nel suo processo di ibridazione tra diversi linguaggi. Atmosfere “spiritual”, roots vibes e tecnologia, pulsazioni funky, musiche del delta e profondità dub. Africa, Carabi, Europa, India, New Orleans. Seguendo il peregrinare di genti trascinate attraverso gli oceani per forza o per volere. Affascinati ed impauriti allo stesso tempo dall’altrove, pronti a cantare l’arcano, l’amore terreno e l’amore mistico. Danzando sul rituale della vita, con ritmo e trasporto, avendo la musica come mediatrice tra uomini e divinità. Tutto questo è “Animystic”, ultima impronta su questa terra lasciata da Enrico Micheletti con i suoi Roots Connection, e con alcuni ospiti come Alberto Morselli (voce degli indimenticati Modena City Ramblers di “Riportando tutto a casa”) e Lucia Tarì (già con Frontera e Timoria).