recensioni dischi
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JOVANOTTI  "Jovanotti special"
   (1989 )

Quando arrivò, era praticamente il terzo album nel giro di 18 mesi. Contornato da una dozzina di singoli, il fenomeno Jovanotti era diventato qualcosa di socioculturale, non più legato solamente all’incredibile battage pubblicitario che, chi aveva dietro di sé la macchina mediatica di Cecchetto, poteva utilizzare. A risentire questa roba, vent’anni dopo, più che tenerezza ci si sorprende, e non tanto pensando a come il soggetto abbia poi cambiato strada, nel suo percorso professionale. La verità, è che all’epoca, lui era avanti. Volenti o nolenti, era solamente avanti. Perché, soprattutto nei primi anni ’90, questo tipo di produzione, questo tipo di – se vogliamo chiamarla così – musica, sarebbe diventata abituale, o quasi. Rap, testi privi di fantasia, campionamenti, ululati e tanti yobrozerendsisters: quando Jovanotti arrivò, in un attimo tutta quella che era la musica dance commerciale degli anni ’80 si trovò, immediatamente, ad essere vecchia, passata. Sparirono i Den Harrow, sparirono le Spagna, sparirono anche – guarda un po’ – le tante produzioni disco dello stesso Cecchetto, che ora poteva offrire, a Tracy Spencer, solo il ruolo di corista in uno dei mille dischi dello stesso Jovanotti. L’Italia restò sconcertata, ma qualche anno dopo in tanti, senza scalpore, avrebbero seguito questa direzione. Intanto, lui si limitava al suo “fare casino”, con una musica che sembrava un ponte tra la vecchia dance (certe cose di “Jovanotti for president”, ovviamente nettate dal rap, potevano essere tranquillamente basi per i Via Verdi) e il successivo boom dell’hip-hop. Questa raccolta era anche un sunto di tutte quelle robe che non erano entrati nei precedenti album, tra le mille versioni di “Gimme five”, le pratiche di “E’ qui la festa”, e l’alter ego di Gino Latino. E’ anche, però, un canto del cigno di quella incredibile stagione, che in un modo o nell’altro ha cambiato la musica italiana: perché tanti decisero di seguirlo nello svecchiamento di quanto c’era prima, e tanti scelsero, invece, di riaffiliarsi ai classici (non per niente, proprio in quegli anni esplodono le prime radio tematiche di solo vernacolo italico). Lui, tra un militare e una comparsata tv, stava già girando l’angolo, però. (Enrico Faggiano)