recensioni dischi
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ANTONELLO VENDITTI  "Benvenuti in paradiso"
   (1991 )

Chiamatelo scemo. Con la formula dell'uomo della strada, che si incazza verso "quelli là" senza puntare veramente il dito per non compromettersi, aveva girato attorno al milione e mezzo di copie vendute, e ora chi lo poteva fermare più? Nessuno, e quando tre anni dopo tornò nei negozi, ne era uscita una copia, papale papale, di quello che era stato prima. Con "Amici mai" che ricalcava il copione di "Ricordati di me", con una titletrack che era carta carbone, magari più edulcorata - sai mai - della titletrack precedente, e con la devastazione di "Don't dream it's over", successo sotto traccia dei Crowded House di qualche anno prima, che spopolò con il nuovo titolo di "Alta marea". Agghiacciante, nella banalità, tanto che a far la coda nei negozi erano più le quindicenni che non i reduci di quindici anni prima. Che magari avevano partorito, ascoltando "Lilly", frugolotte che ora sognavano il "che bello averti qui tra le mie braccia amore" con cui Venditti passava felice alla cassa. Non bastava una "Dolce Enrico", dedicata a Berlinguer, per ricordare quello che era. Settoriale, forse, ma coerente. Ora, era roba talmente dozzinale da vendere a camionate. Tanto che, dopo aver tuonato contro Sting, il contrappasso lo colpi qualche mese dopo, quando Francesco Baccini - all'epoca al massimo del successo - lo irrise con "Antonello Venditti", definendolo "l'unico onesto in mezzo a 'sti farabutti, che a nascondino lui fa liberi tutti". Doveva aspettarselo. (Enrico Faggiano)