recensioni dischi
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883  "Hanno ucciso l'Uomo Ragno"
   (1992 )

Leggenda vuole che Max Pezzali, prima di dedicarsi alla musica, fosse un metallaro che per sbarcare il lunario faceva le consegne di fiori a domicilio, e una volta si trovò di fronte ad un “Maurizio Costanzo – per Maria De Filippi”. Cupido, quindi, prima di incontrare Cecchetto, partecipare ad un Castrocaro 1991 insieme al compare Mauro Repetto con un “Non me la menare” che poco impatto ebbe, a parte la titanica promozione della radio dell’ex “Gioca Jouer”. Quando uscì l’album, non era automatico che diventasse un bestseller: di roba passata da Radio Deejay, all’epoca cassa di risonanza di tutte le produzioni cecchettiane, ce ne erano state tante, ma non tutte erano riuscite a sfondare al di là delle frequenze amiche. Però, qui, la gente si divertì: prodotto semplice, facilmente biodegradabile, estivo oltre ogni limite, ma ogni canzone era un piccolo ritratto di gioventù sfigata. “Sei uno sfigato”, “S’inkazza”, varie ed eventuali, sembravano slogan giovanili di estrema banalità, ma reggevano l’urto, anche perché le liriche pezzaliane qualcosa, in fondo in fondo, ce lo avevano. Poi, ogni canzone sembrava fatta apposta per essere sballicchiata: in spiaggia, in discoteca, mentre la davano alla radio. Magari pensando poi al “ma che scemenza”, ma a tratti era irresistibile. Oltre alla titletrack, che le discoteche logorarono. Qualcuno iniziò subito a chiedersi OK, quello lì che fra un po’ diventerà largo come una mongolfiera canta eccetera, ma quell’altro? Ballava, Mauro Repetto, ma la sua filosofia – che sarebbe stata immortalata in un successivo “Zucchero filato nero” – la si notava: senza di lui, Pezzali non sarebbe più stato lo stesso. (Enrico Faggiano)