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LIGABUE  "Arrivederci, mostro!"
   (2010 )

Maggio 2010: esattamente a venti anni dall’uscita del suo primo album, esce il nono lavoro in studio di Luciano Ligabue. Già prima dell’ascolto le aspettative prevedono un album in classico stile “Ligabue”, cioè un mix di testi pensati e introspettivi, rock a tutto volume e melodie orecchiabili. L’album si apre con “Quando Canterai La Tua Canzone” che fa subito capire che Ligabue c’è, non molla, ed è in forma. “La Linea Sottile” scorre veloce e ci porta subito a “Nel Tempo”, pronta a smuoverci con pause e stacchi sui quali già immaginiamo i fan che saltano sotto il palco negli stadi gremiti, ma forse per questi aspetti risulta un poco prevedibile. Proseguendo troviamo “Ci Sei Sempre Stata”, un brano lento e molto introspettivo, che presenta una riflessione riguardo un amore profondo e addirittura quasi ossessivo, e subito si apre “La Verità è Una Scelta”, con una introduzione molto particolare, quasi da canzone metal, portandoci poi a un brano complessivamente inaspettato ma in generale ancora nel filone “Ligabue” di cui parlavamo prima. In “Caro Il Mio Francesco”, indirizzata a Francesco Guccini, Ligabue riprende il senso della canzone “L’Avvelenata”, appunto di Guccini, lamentandosi delle conseguenze negative del successo musicale e sparando a zero su personaggi dell’industria musicale ai quali interessano certamente solo i guadagni. Nel complesso il brano è molto valido e forse mai ce lo saremmo aspettato, ma ragionandoci sopra... un conto sono queste parole cantate da Guccini che con le sue canzoni (''Dio è Morto'', ''La Locomotiva'', ''Auschwitz'') ha fatto una personale rivoluzione, un conto è sentirle cantate da Ligabue che durante la sua carriera, nel bene e nel male, si è abbastanza avvicinato alla concezione prettamente commerciale dalla musica moderna. Proseguendo troviamo “Vivere è un atto di fede”, cattiva e positiva al punto giusto, “Un Colpo All’Anima”, tipica canzone orecchiabile di Ligabue e ancora un pizzico prevedibile, soprattutto dal punto di vista musicale, con un intermezzo quasi inutile che ricorda il buon vecchio Jimi Hendrix e la sua chitarra. “Il Peso Della Valigia” è un’altra ballata dalla quale possiamo farci cullare, una poesia di Ligabue tratta da “Lettere d’Amore nel Frigo” musicata. Con “Taca Banda” allegra e scanzonata al punto giusto (nella quale suona anche il giovane figlio del Liga) inizia la chiusura dell’album, che si conclude con “Quando Mi Vieni A Prendere” riferito al massacro di Dendermonde vicino a Bruxelles, durante il quale un giovane è entrato in un asilo nido con un coltello e ha ucciso una maestra, due bambini e ne ha feriti molti altri. Il tutto è visto dal punto di vista di un bambino e ciò rende la canzone molto riflessiva e a tratti anche molto triste. Come finale ascoltiamo “Il Meglio Deve Ancora Venire” che ci lascia facendoci battere i piedi a tempo di rock. “Arrivederci, Mostro!” è sicuramente un album valido, adulto e maturo, nel quale troviamo atmosfere prettamente rock, momenti dolci e altri allegramente giocosi. Questo mix di emozioni è un aspetto molto importante in un album, ma se ripercorriamo a memoria l’album ci accorgiamo di come forse manchi un filo conduttore nell’album. Certo, non si chiede un concept album del calibro di “Tommy” degli Who o per dirla in maniera più moderna “American Idiot” dei Green Day, ma un minimo di collegamento fra la tracce di certo non guasterebbe. In realtà, se il minimo comune denominatore fra le canzoni è la presa di coscienza delle proprie ossessioni e paure, come ha spiegato Ligabue stesso, allora potremmo dire che questo senso generale dell'album poteva essere sviluppato meglio e più a fondo. In generale, ad un primo ascolto certe canzoni potrebbero subito sembrare quelle che molti definiscono “le tipiche canzoni di Ligabue già sentite e risentite”; è vero, lo stile è quello, ma se dopo quindici anni dal grande “Buon Compleanno Elvis” siamo ancora qui a battere i piedi su tempi e melodie che ci sembrano già sentiti e risentiti, un motivo dovrà anche esserci. (Stefano Mavero)