recensioni dischi
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KINGS OF LEON  "Come around sundown"
   (2010 )

Entrato direttamente al primo posto nelle classifiche di vendite del Regno Unito durante la prima settimana di uscita, è divenuto il disco con il più alto numero di copie vendute in una settimana durante il 2010. Questo il biglietto da visita del quinto album in studio per la band di Franklin (Tennessee) pubblicato il 18 ottobre 2010 in Europa ed il giorno successivo in America. Il disco era già stato anticipato dalla pubblicazione a fine estate del singolo “Radioactive” poichè le aspettative per la band di Nathan Followill era altissime dopo lo straripante successo del precedente lavoro “Only By The Night”. Tredici brani registrati durante la primavera 2010 presso gli Avatar Studios di New York e prodotti da Angelo Petraglia e Jacquire King. Il disco suona bene (beh, certo è un disco veramente maistream...), ma rispetto al precedente è meno accattivante; parte bene, le prime tracce sono molto valide, con una gran batteria, chitarre ultra riverberate con la giusta dose di overdrive e validi arrangiamenti, ma alla lunga perde il tiro. Può essere definito “un album per un ascoltatore medio”: la band pare sempre la stessa, mai si lancia in nuove esplorazioni sonore. L’inizio del primo brano “The End” è quasi commovente: chitarre semi-shoegaze e basso penetrante. Penso: “forse ho sbagliato disco?”. Ma appena parte il cantato torno (ahimè!) coi piedi sulla terra. Anche il singolo “Radioactive” non è per niente male, ricorda un po’ gli Strokes dei bei tempi che furono... ”Pyro” è invece la classica ballad da gruppone americano che non deve mai mancare in un lavoro del genere; ottimi sono anche i tappeti sonori di “The Immortals” e “Pony Up”, ma arriviamo un po’ delusi alla resa dei conti. Senza dubbio si avverte sempre la vena garage, ma adesso i quattro americani figli del southern-rock non sono più quei ragazzoni che se ne andavano in giro a spargere musica alternativa con le loro camicie a quadri all’inizio degli anni Duemila. Adesso parliamo di rock da stadio, roba da frequenti sold-out a spasso per il mondo. E c’è da capirli, se anche in questo lavoro si lasciano andare a melodie e linee di voci veramente troppo easy, spesso troppo sentite e risentite. Ma si fanno ascoltare anche con piacere (raramente) queste “perle” da sold-out. (Gabriele Centelli)