recensioni dischi
   torna all'elenco


MANAGEMENT DEL DOLORE POST-OPERATORIO  "Auff!!"
   (2012 )

Irriverenti e scorretti come la copertina che li introduce alla nazione, questi quattro ex-ragazzi abruzzesi si presentano alla ribalta con una fiera spavalderia da veterani sciorinando in trentasei intensissimi minuti il loro intero campionario di dissacrante sarcasmo e disincantata critica sociale. Parole taglienti intrise di sferzante ironia riescono sia a mitigare sia – paradossalmente - ad accrescere la ferocia dell’approccio, che è uno sfrontato assalto all’arma bianca solo in parte stemperato da una malcelata indole goliardica; i dieci brani, che brillano per concisione, tensione e cruda espressività, dispiegano con manifesta teatralità (il cantante e frontman Luca Romagnoli, autore di tutte le liriche, è performer istrionico che on stage fornisce il vero valore aggiunto della band) racconti che spaziano dalla piccata denuncia sociale (“Signor poliziotto”, “Macedonia”) alla amara celebrazione in chiave satirica delle piccole o grandi miserie umane (“Auff!!”, “Amore Borghese”, “Pornobisogno”), alla desolata constatazione di un grigiore prima di tutto interiore, da cui non può che nascere un microcosmo-spazzatura (“Nei palazzi”). Musicalmente, sebbene mantenga inalterata una robusta veemenza fino all’ultima traccia (la trasognata stasi atmosferica à la Radiohead dell’agrodolce “Il numero otto”), il disco paga dazio a modelli talvolta facilmente individuabili, primi tra tutti il Teatro degli Orrori di Pierpaolo Capovilla: il gruppo è però sufficientemente astuto da imbastardire le già pregevoli tessiture chitarristiche di Marco di Nardo con arrangiamenti che ammiccano smaccatamente ad una disco-music truccata (Subsonica, Bluvertigo) ed aggiornata ai tempi moderni. Sia la title-track che la futuristica “Marilyn Monroe”, sia la contagiosa “Irreversibile” che la abrasiva “Nei palazzi” si avvalgono di aperture leggere e di refrain facilmente assimilabili, mentre altrove il sound si inasprisce creando un effetto vorticoso figlio di dissonanze di matrice albiniana (“Signor poliziotto” si sviluppa ad un passo dai Jesus Lizard, mentre “Norman” suona come un incrocio tra “La canzone di Tom” del Teatro degli Orrori e “Fuoco fatuo” dei Massimo Volume). Al di là di poche perdonabili cadute di stile (il testo orrendamente prevedibile di “Macedonia”, l’inutile cameo di Emiliano Audisio dei Linea77 che snatura e sporca inopinatamente la splendida “Amore borghese”), l’album conserva una accattivante, invidiabile fruibilità, riuscendo a colpire ed a ferire senza tediare, inducendo alla riflessione pur non rinunciando a qualche divertito passo di danza. (Manuel Maverna)