recensioni dischi
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SIMPLE MINDS  "Live in the city of light"
   (1987 )

Si dice che un live è il modo migliore per capire quale sia lo stato di salute di una band. Bene, ad ascoltare questo, già tanto tempo fa, si intuì che le Menti Semplici tanto bene non stavano. Riassunto: Jim Kerr e soci avevano costruito la propria trama con i primi album, erano artisticamente esplosi con “New Gold Dream”, autentica pietra miliare degli ‘80s, poi con il successo mercenario di “Don’t you” si erano ritrovati a cambiar genere, spostandosi dalla gelida e affascinante new wave degli inizi ad un rock da stadio che non era esattamente ciò da cui si era partiti. Questo live arrivò a due anni dal precedente e a due anni dal successivo lavoro da studio, e come “punto della situazione” spiegò bene bene come le bollicine iniziali fossero sfiatate e non poco. Registrato quasi interamente a Parigi, e poi – sacrilegio! – fin troppo manipolato in studio, omette al 99% quella che era la produzione antecedente a “New Gold Dream”, e riesce nell’impresa titanica di dimenticare robe non esattamente di secondo piano come “Up on the catwalk” e “Speed your love to me”, per favorire tracce di secondo piano prese da “Sparkle in the rain”. E, come da regola commerciale, eccede nel dare spazio a cose prese dal disco all’epoca più recente, “Once upon a time”. Poco credibile come greatest hits, non ha nemmeno la verve di quei dischi live che erano belli da sentire in macchina, volume a palla, per dare un effetto stadio: insomma, una occasione mancata che fu da preludio a tutte quelle infinità di occasioni mancate, appunto, che avrebbero caratterizzato la carriera del gruppo scozzese. Infatti, il disco non ebbe particolari esplosioni commerciali, parametrate a quello che sarebbe potuto essere, e forse la mancanza di un brano inedito ne castrò ulteriormente le velleità da classifica. Lo si può riascoltare, ma se ne può fare, tristemente, anche a meno. (Enrico Faggiano)