recensioni dischi
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ALAN SORRENTI  "Alan Sorrenti"
   (1974 )

A sorpresa si cimenta con un vecchio brano napoletano un insospettabile Alan Sorrenti. Insospettabile perché è un cantautore nato col progressive, uno dell’aerea napoletana più vicino agli Osanna che a Ranieri. Ma non si vive di soli plausi. Questa operazione nostalgia fa storcere la bocca ai puri e duri e alla critica. Temono (non sbagliando) una lenta e progressiva trasformazione del cantautore di COME UN VECCHIO INCENSIERE ALL’ALBA DI UN VILLAGGIO DESERTO verso un’area più leggera, più esplicitamente pop. Difatti, la contestazione non farà tardi ad arrivare. Vicino Napoli, nel 1975, e per la precisione a Licola, venne fatto oggetto di lancio di lattine ed altro. Fatto sta che Sorrenti conosce per la prima volta un successo che non aveva mai assaporato con i suoi precedenti lavori, che sebbene entrati in classifica lo relegavano a personaggio di nicchia. Qual è la canzone che Sorrenti porta al successo? Una canzone del 1930 scritta da Falvo e Fusco, DICITENCELLO VUJE. La cosa nasce per gioco. Era primavera e Alan era con degli amici a godersi il sole primaverile di Piazza Navona. Gli viene in mente di strimpellare la canzone sulla chitarra accompagnandosi con la voce, cercando acuti e sonorità particolari, cercando d’improntare un arrangiamento vocale adatto per dare alla canzone una nuova veste. La cosa deve essere piaciuta a lui e a chi gli stava intorno, tant’è vero che dopo un po’ ce la ritroviamo in classifica. Alla faccia degli imbecilli di Licola. Nato a Napoli nel 1950, ma di origine italo-inglese, Alan Sorrenti dopo essersi trasferito a Roma nel 1972, fu invitato al Festival d'Avanguardia e Nuove Tendenze di Roma dove venne subito notato. Capelli lunghi, aria trasognata, accompagnandosi con una chitarra dall’accordatura aperta su moduli orientali, fu autore di un personalissimo esempio di progressive mediterraneo, suggestivo soprattutto nell'uso della voce, nella struttura musicale essenzialmente acustica. Per il primo album venne direttamente opzionato da una casa discografica straniera, la Harvest. Tony Esposito, percussioni e batteria, Vittorio Nazzaro, basso e chitarra classica solista e Albert Prince, tastiere, i musicisti che assieme a Sorrenti, chitarra acustica, diedero vita all’affascinante esordio di 'Aria' (1972), in più partecipò Jean-Luc Ponty, arricchendo con il suono del suo violino la suite omonima (che occupava l'intero lato A del disco). Furono in molti a gridare al miracolo, tanto che Sorrenti poté essere definito il Tim Buckley italiano per quel suo usare la voce al pari degli altri strumenti. Era indubbiamente un cantautore atipico, la pur semplice ballata 'Vorrei incontrarti' era certamente distante dalle atmosfere dei cantautori dell’epoca. Alla fine dello stesso anno volò a Londra dove registrò 'Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto' (1973). Anche questa volta la title track occupava l’intera facciata del disco. Gli ospiti furono musicisti del calibro di Francis Monkman, tastierista dei Curved Air, e David Jackson, sassofonista di Van Der Graaf Generator. L’opera non risultò fresca come la prima ma era comunque ricca di spunti originali. Alan Sorrenti continuava intanto a partecipare ai vari festival pop che proliferavano per l’Italia, tra cui "Avanguardia" di Napoli, Civitanova Marche, Mestre. Dopo quest'album, che conteneva il pezzo 'incriminato' "Dicitencello vuje", Sorrenti partì per un viaggio di riflessione in Senegal e in Marocco, e al ritorno, a San Francisco, registrò 'Sienteme, it’s time to land'. E la sua storia cambiò ancora. (Christian Calabrese)