recensioni dischi
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DISORCHESTRA  "Umano disumano"
   (2013 )

Disordine stilistico, disincanto, disturbi vari. Giulio Marino è un musicista disordinato, dal passato jazzistico come contrabbassista e dal trapassato post-punk e dal presente da ostinato viaggiatore in semilibertà. La band nasce per la sua impellente necessità di suonare canzoni nate in diverse situazioni come differenti sono le parti di una vita. Quindi nel 2011 si unisce a Emanuele Ciampichetti, bassista e musicista raffinato molto attivo nel panorama musicale italiano, e ad Alessio Palizzi, batterista poliedrico anche lui impegnato in diversi contesti (è tra l'altro batterista dei Matinee). Il trio viene da Ortona, paese di provincia abruzzese e, proprio nell' entroterra di questa regione di mezzo, realizza il suo primo album: ''Umano Disumano''. Un album di tredici canzoni stilisticamente diverse, ma unite dal gusto "antico" di comporre, prestando attenzione ad armonie e melodie molto strutturate, lontane dal mainstream e ricercando purezza anche nella complessità. Un viaggio ricco di riferimenti stilistici e anche cinematografici ( ''A stare muto'' cita Cipri' & Maresco, in ''Furata'' ci sono espliciti riferimenti a Morricone e Rota, ecc.). Un disco spesso dark nell'incedere, alla ricerca di una sensualità avvolgente nello sfruttare una ritmica potente ed efficace con echi del post-punk più' raffinato, suggestioni di cantautorato, lampi progressive. ''Umano Disumano'' è quello che siamo adesso, ma e' uno stato che viene da lontano, come la perdita di coscienza la nemesi ricorrente e la trasformazione antropologica già predetta da Pasolini. In realtà è solo un disco rock suonato dal classico trio basso-chitarra-batteria che vuole coinvolgere con l'amore, la rabbia e il dolore delle idee, senza le finzioni di novità annunciate ed innocue. Il disco e' stato interamente composto da Giulio Marino con la coproduzione di Andrea Di Giambattista (negli studi di quest'ultimo, attuale fonico di Management del Dolore Post Operatorio e Santo Niente). Registrato in pochi giorni tra le montagne abruzzesi, si arricchisce in ''Furata'' di una piccola sezione di fiati capitanata e arrangiata dal flautista e polifiatista Roberto Volpe, sperimentatore lancianese di lungo corso. La cover evidenzia il rosso ed il grigio, la passione e l'impasto tra il bene e il male e l'alternarsi di luce e buio attraversando gallerie.