recensioni dischi
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WILLARD GRANT CONSPIRACY  "Let it roll"
   (2006 )

I Willard Grant Conspiracy sono un sestetto di Boston che propone una personale ed interessante rilettura del canonico folk-rock statunitense grazie a brani riccamente arrangiati e ad una non comune intensità interpretativa (ne è un esempio la caotica “Crush” su una cadenza à la Rolling Stones) sorretta da sapienti sfumature che arricchiscono canzoni cesellate ad arte per produrre il massimo effetto possibile. L’apertura (“From a distant shore”) è da brividi, con un arpeggio di chitarra sospeso tra un violoncello tremante ed una tromba mariachi a disegnare un quadro di oscura, palpitante malinconia vicinissimo alle sonorità dei National; il crescendo psichedelico della title-track – nove minuti nei quali aleggia il fantasma dell’ultimo Jim Morrison – è una mostruosa escalation di frenesia vocale e di ingorghi strumentali che creano un effetto vorticoso e stralunato, mentre altrove (“Skeleton”, “Flying low”) si fanno largo con inusitata naturalezza ritornelli di ampio respiro che rilasciano almeno in parte la tensione accumulata. Splendidi i brani nei quali la band rallenta il ritmo, lunghe pigre ballate crepuscolari ed ubriache rese con bislacco trasporto dal crooning impastato di Robert Fisher, che nell’interminabile “Breach” così come nelle cantilene sonnolente e dylaniane di “Dance with me” e “Mary of the angels” arricchisce con pochi semplici tocchi di colore scenari foschi e dimessi. Dylan viene omaggiato con una cover vibrante e chiassosa di “Ballad of a thin man”, che aggiunge all’originale un alone di aggressività decisamente gradevole. (Manuel Maverna)