recensioni dischi
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MANO NEGRA  "Casa Babylon"
   (1994 )

Le infuocate perfomance live fecero della Mano Negra di Manu Chao un'autentica macchina da guerra, rendendo celebre il combo gitano in tutto il mondo e procurando loro una fama ancora oggi duratura. Ma il fuoco sacro che animava i primi due dischi ("Patchanka" e "Puta's fever", frullatori impazziti di idee e caos festante e militante) non poteva - giocoforza - non esaurirsi col tempo, fino a questo canto del cigno datato 1994, oramai di fatto lavoro solista di un Manu Chao che impasta un'opera-collage di tracce riassemblate in studio a band già sciolta. Rispetto ai fortunati episodi del recente passato, in "Casa Babylon" la goliardia cede il posto alla ricerca etnica (il trittico iniziale è eloquente), le idee latitano, lo spirito invecchia e le scintille si estinguono. Restano poche vestigia dei fasti passati, e resta pochissimo del sound frenetico che rese irresistibili pezzi come "Indios de Barcelona" o "Mala vida": qualche guizzo rimane nell'anthem a rotta di collo di "Love and hate" e nel proclama di "Hamburger fields", ma assurdamente sono canzoni che suonano fuori posto rispetto al tono generale dell'album. Qua dentro, come di consueto per Manu Chao e soci, c'è di tutto un po', ma questa volta gli impasti di dub ("Sueno de solentiname", "This is my world") e gli scherzi da liceali ("Santa Maradona") non sortiscono l'effetto sperato. Disco chiassoso e confusionario, privo di spunti-killer, un pastiche sonoro vergato senza più voglia nè valide intenzioni. (Manuel Maverna)