recensioni dischi
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ALEXANDRE VARLET  "Ciel de fete"
   (2007 )

Nel panorama del rock francese, il caso di Alexandre Varlet rappresenta un piccolo mistero. Salito alla ribalta nel 1998 grazie ad un debutto folgorante ("Naif comme le couteau"), che impressionò pubblico e critica con un sound a metà tra la canzone d'autore ed una insolita vena psichedelica, il giovane ed attraente crooner di La Rochelle bissò il successo dell'esordio ben cinque anni più tardi, quando diede alle stampe il suo secondo lavoro, lo splendido "Dragueuse de fond". Il successo era oramai cosa fatta, ma qualcosa andò storto. Il terzo album, che avrebbe dovuto vedere la luce all'inizio del 2005, rimase intrappolato per due anni e mezzo nelle sabbie mobili delle beghe legali e discografiche. Le canzoni - scritte fra il 2003 e il 2004 - erano già pronte, ma l'etichetta che doveva pubblicarle fece marcia indietro lasciando il buon Alexandre dapprima furente, precipitandolo poi negli abissi della crisi depressiva che fece seguito quasi inevitabilmente. Riavutosi da un grave incidente motociclistico che lo costrinse ad una faticosa riabilitazione, riprese in mano il materiale già destinato al disco cercando nuovi compagni di avventura coi quali riprendere a suonare ed a riarrangiare parte dei brani. Di nuovo i lavori si arenarono alla fine del 2006 con la diaspora di quasi tutti i membri della band, ma la caparbietà di Varlet lo portò finalmente ad accasarsi presso una discreta etichetta (la Fargo, dall'impostazione rock-folk-blues: è quella di Andrew Bird e di Joseph Arthur, per intenderci) che accettò di pubblicare l'album. "Ciel de fete" – da sempre il titolo previsto - vide così finalmente la luce nel luglio del 2007. Varlet ed il suo socio Nicolas Leroux suonano tutti gli strumenti, dando vita ad un' opera dal taglio a tratti intimista ("Tutti quanti", su un arpeggio delizioso, "Presque monde", con un ritornello da brividi, la title-track che chiude l'album), a tratti invece ruvidamente sporca nella sua essenzialità (il singolo "Montre toi", "Cours cowboy", lanciata a passo di carica, le tastiere anni '70 ed il basso pulsante su "Le sens de l'orientation"). Il disco rimane scarno, essenziale, trentacinque minuti che sembrano suonati in una stanza a pochi metri dall’ascoltatore, come per un concerto privato; e sul meraviglioso giro di sola chitarra elettrica che disegna il quadro d'infinito amore narrato nella conclusiva "Ciel de fete" c'è tutto Varlet, con il suo mondo che non è più lo stesso, coi suoi sogni ridimensionati, con una nuova, stretta, faticosa strada da percorrere. (Manuel Maverna)