recensioni dischi
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TRENTEMØLLER  "Lost"
   (2013 )

Uno degli artisti più preziosi della scena elettronica contemporanea: definizione perfetta per il danese Anders Trentemøller. Al contrario di molti suoi colleghi dj e producer, che iniziano la loro carriera nei dancefloor e lì restano, col loro successo legato magari a doppio filo alle mode del momento, l'artista scandinavo da ormai quasi un decennio porta avanti un percorso assai personale nella (re)interpretazione degli stilemi digitali. Indubbiamente i suoi primi passi significativi nascono nell'alveo della house e della club culture, con ad esempio le release sulla prestigiosa label Poker Flat di Steve Bug, ma ben presto Trentemøller si dimostra molto più difficile da catalogare di molti suoi pari ruolo. Non solo la raffinatezza della architetture ritmiche, ma anche la sensibilità nel calibrare arrangiamenti e pennellate melodiche e la visionarietà nell'immaginare strutture compositive molto lontane dai luoghi della musica con la cassa in quattro lo rendono subito un fenomeno a sé, raccogliendo i favori di un pubblico sempre più trasversale. I suoi tre album (“The Last Resort” del 2006, “Into The Great Wide Yonder”del 2010 e questo nuovo “Lost”, del 2013) disegnano una progressiva ascesa verso un microcosmo sonoro personalissimo, dove ogni particolare è cesellato con cura assoluta e dove l'equilibrio dinamico diventa quasi un esercizio zen, il tutto con una ricchezza espressiva ed emozionale davvero rara. Anche il regista Pedro Almodovar ne è rimasto sedotto, come testimonia l'uso della traccia “Shades Of Marble” nel trailer e nella colonna sonora del film “La pelle che abito”; così come ne sono rimasti sedotti i Depeche Mode, che hanno voluto il live set dell'artista danese in apertura alle date europee del loro “Delta Machine Tour”. Un album, questo nuovo di Trentemøller, che rende alla perfezione la ricchezza del suo universo sonoro, aggiungendo anche – com'è giusto che sia – ulteriore impatto “fisico” alle sue creazioni. Il tutto evitando rigidamente soluzioni scontate o luoghi comuni, e utilizzando i linguaggi di house, techno e post rock non come riferimenti rigidi ma come piattaforme da cui lanciarsi verso territori onirici e rari da esplorare.