recensioni dischi
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WEMEN  "Albanian paisley underground"
   (2014 )

Gli \\\emen (Wemen) nascono a Milano nei primi mesi del 2010 da un'idea di Carlo Pastore (chitarra e voce) e Francesco Peluso (batteria). Poco dopo si unisce a loro Alberto Pilotti (chitarre) ma la formazione è completata solo a ottobre dello stesso anno con Riccardo Della Casa (basso e cori). Le diverse estrazioni indie rock, grunge, punk, post-punk, new wave e 2 tone si coagulano in una sorta di magma pop atipico, in evoluzione e contaminazione. Come se anni settanta, ottanta, novanta e duemila trovassero un respiro sincronico e contemporaneo, una sorta di finestra fuori dal tempo che si affaccia sul nostro tempo. Dopo un anno di prove e i primi concerti, il gruppo produce una sorta di demo pro, l'EP autoprodotto “Before Being Ash”pubblicato semplicemente in free download. A questo segue la partecipazione alla compilation tributo a “Mellon Collie” degli Smashing Pumpkins curata dagli Albano Power (e benedetta da Billy Corgan!) e un remix firmato dai Casa del Mirto. E tanti concerti. Nel 2012 inizia la collaborazione con l’etichetta fiorentina dal sapore scozzese, Black Candy Records. Come prima uscita, a settembre, uno split album con The Hacienda ottimamente recensito ovunque: tre brani a testa e un decespugliatore in mezzo. Poi, nel 2013, alcuni singoli digitali e l’album di debutto. La sintesi musicale di un processo di quattro esseri umani chiusi a lungo dentro una minuscola sala prove in Via Lombroso, a mettere in discussione le sicurezze e creare un nuovo suono di contaminazione europea contro tutte le paure, le difficoltà e le bruttezze di questi anni zero-dieci. A gennaio 2014 arriva così il momento del loro album d'esordio, "Albanian Paisley Underground", per etichetta Black Candy Records e distribuito in Italia da Audioglobe e all'estero da Rough Trade. Preannunciato dal singolo "Coming Over Me" e in streaming integrale su Rockit, l’album incrocia immaginari britannici e statunitensi, ha spunti punk, new wave, psichedelici e reggae che si pongono in contrasto con gli umori dei brani ma possono anche rafforzarli. Una miscela rielaborata sfruttando appieno un punto di osservazione esterno ma non estraneo. In alcuni passaggi del disco, la band riesce anche a rimandare a una Londra periferica, ma "Albanian Paisley Underground" è inglese come potrebbe esserlo qualsiasi periferia europea piena di lavoro a tempo determinato, solitudini, birra in lattina e cibo fritto. Un viaggio scandito da nove canzoni originali e una cover. L’artwork, a cura del batterista Francesco Peluso, riflette altre suggestioni del disco, come possono esserlo dei tappeti mediorientali colorati non per forza di felicità. Un’estetica che sancisce come si tratti di un album con uno sguardo e dal respiro internazionale che poteva essere concepito solo in una sala prove a queste latitudini. E la scelta dei titoli, a cominciare da quello dell’album, ben riflette questo e gli altri concetti racchiusi in un disco da cui sgorgano facce, paesaggi e storie contemporanee. "Albanian Paisley Underground" è stato registrato in presa diretta presso il Folsom Prison Studio di Prato, mixato da Taketo Gohara con l'aiuto di Giulio Calvino (Hot Gossip) e masterizzato da Giovanni Versari (Calibro 35, Guano Padano, Vinicio Capossela, One Dimensional Band, PFM, Afterhours, La Crus, Matia Bazar, Mario Biondi).