recensioni dischi
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BAD APPLE SONS  "My dear no fear"
   (2014 )

''My dear no fear'' è il secondo full-lenght dei Bad Apple Sons. I quattro lunghi anni che lo separano dall’esordio omonimo raccontano di una profonda, intensa e a tratti conflittuale rielaborazione di quei presupposti che erano stati la base della loro opera prima. Ripartendo da intenti musicali dichiaratamente ritmici, ossessivi e primordiali, i Bad Apple Sons di ''My dear no fear'' approdano a un discorso più elaborato e maturo, dove, se da un lato preservano la loro vena no-wave e post-punk, dall’altro introducono melodie più raffinate, arrangiamenti più complessi e premeditati. ''My dear no fear'' è un disco di contrasti. La linearità si scontra spesso con bruschi cambi di rotta, silenzi e interludi (la narrazione di ''Ascend'' è improvvisamente stravolta da un abisso sonoro dalle profondità insondabili), il fluire ossessivo e martellante delle chitarre e dei bassi è abbracciato da linee vocali profonde, avvolgenti (''The Holiest''), atmosfere rarefatte e oniriche vengono inquinate da strida e lamenti soffocati di chitarre acide (il disco si apre con ''Free Neural Enterprise'', un viaggio annebbiato e inquietante nel cervello di un essere umano in preda alla follia). Anche la copertina contribuisce a rendere l’immaginario conflittuale e straniante: un’ordinaria foto di matrimonio, candida nell’apparenza, perturbante negli sguardi penetranti degli attendenti. Ne risulta un album intenso, massiccio e granitico (''Tempest Party'' deve la sua anima alla migliore scuola stoner), la cui classica matrice rock è però impreziosita da arrangiamenti di tastiera, fiati e cori liberatori (la frenetica ''Cowards'' ne è un chiaro esempio). ''My dear no fear'' nasce dalla collaborazione tra i Bad Apple Sons e Paolo Mauri, storico produttore degli Afterhours e di molti altri gruppi italiani dell’onda 80-90 (adesso con Luci della Centrale Elettrica e altri progetti rilevanti italiani ed esteri).