recensioni dischi
   torna all'elenco


CLAUDIO FILIPPINI TRIO  "Breathing in unison"
   (2014 )

Alcuni dischi non sono solo “nuovi album”, ma passaggi di testimone: ''Breathing in unison'', del pianista Claudio Filippini, raccoglie il lavoro fatto con il precedente ''Facing North'' (2012) e ne fa punto di partenza per questa nuova avventura. Quasi un’opera unica, nella quale l’“unisono”, non sta solo nel titolo: ''Modern Times #evolutions'' è la prima traccia di questo disco, ma anche l’ultima di quello precedente ''Facing North''. Così, come un cerchio che si chiude, la fine del precedente lavoro suona come l’inizio del nuovo, perché metaforicamente non c’è niente che si possa diventare senza ciò che si è già stati. Tra i due album sono trascorsi quasi due anni di lavorazione, passati tra studi di registrazione - i noti Bauer Studios di Ludwigsburg -, concerti, tour e un nuovo periodo della vita. Il pianista di origine pescarese, infatti, nell’arco di questo periodo è diventato padre e l’intera opera è dedicata alla piccola Maia. La title track dell’album, ''Breathing in Unison'', è ispirata alla moglie Luisiana e il titolo prende spunto da un verso di una poesia di T.S. Eliot, "A Dedication to my wife”. L’amore è sullo sfondo di ogni brano del disco, ed è da intendersi in senso ampio. “South Michigan Avenue”, per esempio, riporta l’ascoltatore a Chicago, città a cui Filippini è molto affezionato: una passeggiata per la Art Institute, ispirata dalla visione di “American Windows” di Chagall. L’ultima traccia invece, ''At the dark end of the street'', è una reinterpretazione, un brano dedicato a Cristian Panetto, sassofonista di Spoleto che è scomparso proprio quando Filippini stava lavorando al suo disco. Cover e brani originali per questo album realizzato con due mostri sacri come Olavi Louhivuori e Palle Danielsson: nei mesi trascorsi tra le due registrazioni (poco più di un anno) – racconta Claudio - ho avuto l'occasione di mettere alla prova questo trio anche dal vivo, esplorando sentieri musicali sempre differenti e sperimentando quante più sfumature di suono possibili per entrare di nuovo in studio di registrazione con una nuova coscienza. Ma non sono gli unici nomi noti: le note di copertina sono a cura di Brian Morton, scrittore, giornalista e conduttore scozzese, co-autore della ''Penguin Guide to Jazz Recordings'', una vera e proprio Bibbia del genere: “Filippini ha un tocco personale e un proprio approccio alla tastiera. Questa è una musica da gustare e assaporare, non da fagocitare in un sol boccone. Solo allora si coglieranno i suoi pregi e il suo valore. E’ il sound di tre uomini che respirano assieme, all’unisono, con l’intento comune di creare una musica che entri nelle vene e nutra la mente e l’anima in egual misura”, ha scritto.