recensioni dischi
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GEORGE MICHAEL  "Symphonica"
   (2014 )

Una delle carriere più folgoranti e sulfuree del pop, quella di Giorgino nostro, per cui più che un recensore, forse, servirebbe uno psicologo. Anche a spiegarci il perché della sparizione dal mondo musicale – al di là di problemi di salute ben noti alle cronache – di chi non incide un album di inediti da una quantità di anni ormai in doppia cifra, che di recente ha solo sparso qua e là qualche singolo, e che per tornare sul mercato (e in classifica, ad onor del vero) si è affidato a questa raccolta con orchestra al seguito. Quasi che George, a 50 anni suonati e qualche disco venduto, stesse ancora cercando di affrancarsi da quel “every little hungry schoolgirl's pride and joy” che fu negli ‘80s, con il disperato bisogno di dimostrare la sua profondità artistica e non solo quella estetica. Mettendosi quindi, microfono e voce, a sparare fuori quello che ha nell’anima e provare, appunto, di cosa possa essere capace anche oggi, a 30 anni dall’esordio. Il problema, però, rimane quello di spiegare al ragazzone d’una volta che la musica non è solo questo, anche a lui che nelle due raccolte uscite (1998 e 2006) già divideva la sua produzione tra canzoni “per il cuore” e “per i piedi”, “per amare” e “per vivere”. Perché George Michael non è stato solo una voce per eccellenti lenti – ma ne riparleremo – quanto anche qualcuno che ti faceva muovere eccome. Ok, magari per quest’ultima parte della sua esperienza professionale sarà per un’altra volta. E allora spazio alle cose più intime e a qualche cover, con il rischio di sbalordire così come di far sbadigliare (cosa che era successa già ai tempi di “Songs from the last century”, di cui questo pare una specie di versione aggiornata). Di emozionare come però di sembrare monotono. Però, piace o non piace, George Michael ha meritato, e merita, ascolti, come anche in questo caso. E allora, direte voi, cosa c’è che ti infastidisce in questo “Symphonica”? Perché, come detto, non è che si possa sempre rinnegare il passato solo perché era costituito anche da una phonata e tinte di capelli improbabili. Ma una raccolta del cipriota dove sono i lenti a farla da padrona, e dove però manca “Careless Whisper”, è come una messa senza eucarestia, come una partita di calcio senza il pallone, una pizza con un buco in mezzo. E allora, di cosa stiamo parlando? (Enrico Faggiano)